Antichità giudaiche, Guerra giudaica e Contro Apione
di Giuseppe Flavio in inglese si scaricano da:
Se mi dicessero che il falso profeta egizio di cui qui si tratta era Gesù non me ne stupirei minimamente. Mi stupirei al contrario se non lo fosse, perché è ben difficile che possano esistere a così breve distanza di tempo e nello stesso luogo due individui così simili fra loro. Il falso profeta, come Gesù, veniva dall’Egitto, era a capo di gente armata, voleva farsi re di Gerusalemme, si attestò sul monte degli ulivi, fu contrastato non solo dai Romani ma anche dall’intero popolo ebreo, i suoi furono uccisi e i superstiti costretti a disperdersi.
Ma c’è di più. A rafforzare il mio sospetto sull’identificazione di questo ciarlatano ribelle a Roma – scampato alla morte sulla croce a Gerusalemme – col Gesù dei vangeli, c’è proprio un passo degli Atti degli apostoli che conferma quello della Guerra giudaica e getta al contempo una luce sinistra sul vero capostipite dei cristiani, sulla sua effettiva cronologia e sulla figura dello stesso Paolo, strettamente legato (mentre vorrebbe presentarsi come cristiano dell’ultima ora) al cristianesimo sovversivo – una replica del Pietro rinnegatore – fin dal suo sorgere. Dice il tribuno romano a Paolo « …non sei quell’Egiziano che in questi ultimi tempi ha sobillato e condotto nel deserto i quattromila ribelli? » (21, 38) Paolo nega. Ma intanto per precauzione i ribelli seguaci di quello che io sospetto essere Gesù da 30.000 passano a 4.000. Ma forse qui siamo al momento in cui l'Egiziano, scappato a Felice, s'è rifugiato nel deserto a Qumran. Q Ma forse qui siamo al momento in cui l'Egiziano, scappato a Felice, s'è rifugiato nel deserto a Qumran. Questo dialogo fra Paolo e il tribuno avviene, badate bene, a Gerusalemme, dopo che Paolo è caduto nel tranello tesogli dai suoi confratelli gerosolimitani che lo hanno consegnato ai romani. Lo abbiamo detto e ridetto che fra Paolo dei gentili e i gerosolimitani di Pietro di Pietro di Pietro di Pietro e Giacomo il giusto fratello di Gesù, che continuavano a predicare esclusivamente agli ebrei c’era tensione. Paolo viene portato a Cesarea presso il governatore Felice, fa appello all’imperatore Nerone dichiarandosi cittadino romano, viene inviato perciò da Festo, il governatore succeduto a Felice, a Roma. Con questo primo soggiorno a Roma di Paolo si chiudono gli Atti degli apostoli.
Se accogliessimo questa versione della vita di Gesù falso profeta egizio (e Gesù puo’ essere stato definito egizio perché è stato in Egitto e dall’Egitto è entrato in Palestina), ci spiegheremmo meglio non solo il tono violento dei vangeli appena mascherato dalle fregnacce buonistiche prese in prestito dagli esseni, che pure erano dei ribelli a Roma, ma soprattutto si spiegherebbe la immediatezza fra il fallimento dell’impresa del falso profeta e la dispersione dei suoi seguaci in tutto l’impero romano e di Pietro e Paolo a Roma che viene data alle fiamme al posto di Gerusalemme. Francamente non si vede come gli Atti degli apostoli, le lettere e altro, possano riempire il buco di un trentennio – un’intera generazione – fra la presunta morte di Gesù in croce a Gerusalemme sotto Tiberio e l’arrivo a Roma e la morte di Pietro e Paolo sotto Nerone, cioè la data di nascita vera e propria del cristianesimo.
Sbarazziamoci qui una volta per tutte delle pseudo testimonianze extracristiane della vita di Gesù. Queste si riducono al solo Giuseppe Flavio (37-primi del II sec. d. C. ) e si trovano in Antichità giudaica XVIII, III, 3, chiamato anche testimonium flavianum:
Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio, se pure bisogna chiamarlo uomo: era infatti autore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità, ed attirò a sé molti Giudei, e anche molti dei greci. Questi era il Cristo. E quando Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia d’altre meraviglie riguardo a lui. Ancor oggi non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui, sono chiamati Cristiani.
e XX, IX, 1, detto anche l'altro testimonium flavianum:
Anano […] convocò il sinedrio a giudizio e vi condusse il fratello di Gesù, detto Cristo (detto Messia), di nome Giacomo, e alcuni altri, accusandoli di trasgressione della legge e condannandoli alla lapidazione.
Giuseppe Flavio era ebreo della casta sacerdotale e mai s’è fatto o dichiarato convertito al cristianesimo, e ciò ci è confermato da fonte cristiana, perché Origene, III secolo, commentando proprio l'Antichità giudaica, attribuisce a Giuseppe l’affermazione che Gerusalemme fu distrutta per castigo divino in punizione del martirio dell’apostolo Giacomo, aggiungendo: « E la cosa sorprendente è che egli, pur non ammettendo il nostro Gesù essere il Cristo, ciò nondimeno rese a Giacomo attestazione di tanta giustizia » (Commento a Matteo, X,17). Nel Contro Celso, I, 47, riprende il medesimo concetto, facendo rilevare come Giuseppe dica queste cose « sebbene non credente in Gesù come il Cristo ». Ne deduciamo una cosa sola, e cioè che al tempo di Origene il testo flaviano ancora non era stato manipolato dai cristiani. Fu probabilmente Origene con questa sua affermazione a far sorgere in uno dei tanti idioti zelatori del cristianesimo la brillante idea di fare il miracolo, rendere Giuseppe Flavio un credente cristiano.
Riporto integralmente, in inglese, il passo di Origene dal Commento a Matteo:
da
17. THE BRETHREN OF JESUS.And the saying, "Whence hath this man this wisdom," indicates clearly that there was a great and surpassing wisdom in the words of Jesus worthy of the saying, lo, a greater than Solomon is here." And He was wont to do greater miracles than those wrought through Elijah and Elisha, and at a still earlier date through Moses and Joshua the son of Nun. And they spoke, wondering, (not knowing that He was the son of a virgin, or not believing it even if it was told to them, but supposing that He was the son of Joseph the carpenter,) "is not this the carpenter's son?" And depreciating the whole of what appeared to be His nearest kindred, they said, "Is not His mother called Mary? And His brethren, James and Joseph and Simon and Judas? And His sisters, are they not all with us?"
They thought, then, that He was the son of Joseph and Mary. But some say, basing it on a tradition in the Gospel according to Peter, as it is entitled, or "The Book of James," that the brethren of Jesus were sons of Joseph by a former wife, whom he married before Mary. Now those who say so wish to preserve the honour of Mary in virginity to the end, so that that body of hers which was appointed to minister to the Word which said, "The Holy Ghost shall come upon thee, and the power of the Most High shall overshadow thee," might not know intercourse with a man after that the Holy Ghost came into her and the power from on high overshadowed her. And I think it in harmony with reason that Jesus was the first-fruit among men of the purity which consists in chastity, and Mary among women; for it were not pious to ascribe to any other than to her the first-fruit of virginity. And James is he whom Paul says in the Epistle to the Galatians that he saw, "But other of the Apostles saw I none, save James the Lord's brother." And to so great a reputation among the people for righteousness did this James rise, that Flavius Josephus, who wrote the "Antiquities of the Jews" in twenty books, when wishing to exhibit the cause why the people suffered so great misfortunes that even the temple was razed to the ground, said, that these things happened to them in accordance with the wrath of God in consequence of the things which they had dared to do against James the brother of Jesus who is called Christ. And the wonderful thing is, that, though he did not accept Jesus as Christ, he yet gave testimony that the righteousness of James was so great; and he says that the people thought that they had suffered these things because of James. And Jude, who wrote a letter of few lines, it is true, but filled with the healthful words of heavenly grace, said in the preface, "Jude, the servant of Jesus Christ and the brother of James." With regard to Joseph and Simon we have nothing to tell; but the saying, "And His sisters are they not all with us." seems to me to signify something of this nature--they mind our things, not those of Jesus, and have no unusual portion of surpassing wisdom as Jesus has. And perhaps by these things is indicated a new doubt concerning Him, that Jesus was not a man but something diviner, inasmuch as
He was, as they supposed, the son of Joseph and Mary, and the brother of four, and of the others--the women--as well, and yet had nothing like to any one of His kindred, and had not from education and teaching come to such a height of wisdom and power. For they also say elsewhere, "How knoweth this man letters having never learned?" which is similar to what is here said. Only, though they say these things and are so perplexed and astonished, they did not believe, but were offended in Him; as if they had been mastered in the eyes of their mind by the powers which, in the time of the passion, He was about to lead in triumph on the cross.
Ma attenzione!
Origene dice nel passo in inglese rimarcato in giallo: « in conseguenza delle cose che essi avevano osato fare contro Giacomo il fratello di Gesù chiamato il Cristo » Dunque, come abbiamo suggerito, fu questo... suggerimento (che è chiamato Cristo) ad essere inserito pari pari in qualità di testimonium flavianum 2 che in realtà fu il primo ad essere manipolato dai cristiani. Una delle argomentazioni dei sostenitori dell'autenticità dei due testimonia parte proprio da questo testimonium 2. Secondo costoro Giuseppe Flavio non avrebbe avuto alcun motivo per parlare di punto in bianco di Gesù il Cristo a commento di Giacomo se non ne avesse parlato già abbondantemente in un altro passo precedente. Ecco perché, colta l'argomentazione al balzo, i cristiani provvidero, in un'era in cui comandavano loro, a inserire anche il testimonium flavianum 1. La verità è che Gesù non se l’è mai filato nessuno dei contemporanei, nemmeno Giuseppe Flavio che ne parla – del falso profeta egizio, perché ha messo in pericolo la stessa Gerusalemme e la sua casta sacerdotale ebrea – senza conoscerne il nome e senza sapere che diventerà il capostipite materiale, guerriero, dei cristiani. E’ passato come un’ombra nefasta in mezzo alla storia e di lui oggi nulla sappiamo (a meno che la mia ricerca non trovi uno spunto per continuare). Questo falso profeta egizio, il vero padre del cristianesimo, non piaceva ai violenti cristiani, distruttori della civiltà per sostituirle il vuoto del caos, del nulla, perché era troppo... violento. Loro avevano bisogno di mascherarlo da Buon Pastore, con l'agnellino in mano, come il capo della Spectre, che pianifica stragi mentre... accarezza un gatto. Questo falso profeta egizio toglieva il sonno ai suoi seguaci.
Era lì, scritto nero su bianco nella Guerra giudaica e nelle Antichità giudaiche che circolavano (la prima anche in aramaico, la lingua madre degli ebrei e perciò di Giuseppe Flavio) in greco, la lingua della parte orientale dell’impero romano. Tutti capivano, come l’ho capito io al primo colpo, che il falso profeta egizio era il capostipite dei cristiani. Ma come espungere il passo relativo da opere che circolavano da tempo e in cui sarebbe stata subito evidente dal confronto fra le copie originali e quelle manomesse l'assenza nelle prime? Bisognava cercare di deviare l’attenzione dal falso profeta egizio (ma notare che Paolo, che aveva proprio nei seguaci fondamentalisti del falso profeta egizio i suoi avversari con la puzza al naso e che alla fine lo tradiranno, è proprio lui negli Atti degli Apostoli a darci l’aggancio al falso profeta egizio sul quale altrimenti mai e poi mai avremmo concentrato la nostra attenzione!) e inserire totalmente due passi, due testimonia flaviani, nello stesso Giuseppe Flavio laddove se ne presentasse l’opportunità. Questa opportunità si presentava non nella Guerra giudaica, che si occupava del tempo di Gesù reale, a ridosso e fino alla distruzione di Gerusalemme e alla caduta di Masada, bensì nelle Antichità giudaiche dove nella miriade di Gesù e di rivoltosi che si incontrano assai prima di Nerone era possibile trovarne uno che facesse al caso, manipolando il testo o inserendolo pari pari in un luogo adatto alle circostanze.
A costituire la figura di Gesù è servito, oltre al falso profeta egizio, e molto subordinatamente, anche un contemporaneo profeta di sciagure di nome… Gesù, figlio di Anania, un rozzo contadino che, come scrive Giuseppe Flavio nella Guerra giudaica, quattro anni prima che scoppiasse la guerra, durante la festa dei tabernacoli, « all’improvviso cominciò a gridare nel tempio: " Una voce da oriente, una voce da occidente, una voce dai quattro venti, una voce contro Gerusalemme e il tempio, una voce contro sposi e spose, una voce contro il popolo intero! " … Allora i capi… lo trascinarono dinanzi al governatore romano. Quivi, sebbene fosse flagellato fino a mettere allo scoperto le ossa… a ogni battitura rispondeva: " Povera Gerusalemme! " … finché Albino [il governatore] sentenziò che si trattava di pazzia e lo lasciò andare… Per sette anni e cinque mesi lo andò ripetendo… e smise solo all’inizio dell’assedio, quando ormai vedeva avverarsi il suo triste presagio. Infatti un giorno che andava in giro sulle mura gridando a piena gola… una pietra scagliata da un lanciamissili lo colpì uccidendolo all’istante, ed egli spirò ripetendo ancora quelle parole. » (VI, 5, 3)
Segue ora la mia ricerca successiva alla pubblicazione della Cronaca, ora diventata la quarta parte della quadrilogia sul Nuovo Testamento, e devo preannunciare che a colpo di scena è seguito colpo di scena, in poche settimane, fino ai risultati che espongo qui.
Narrerò qui la storia del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Il Padre: il movimento zelota fondato da Ezechia e guidato da Giuda di Gamala detto il galileo, suo figlio.
Il Figlio: il messianismo o millenarismo incarnato idealmente in Giovanni, primogenito di Giuda il galileo e aspirante al trono di Gerusalemme come Messia cioè Re dei Giudei, morto nel 30 d. C. senza mai raggiungere lo scopo.
Lo Spirito Santo: un ignoto impostore che rievocava le gesta di Giosuè/Gesù, che forse era stato in Egitto, detto comnque l'egizio, che forse si chiamava o era soprannominato Beniamino, che forse scampò alla massima pena o più probabilmente fu crocifisso nel 60 d. C. Costui diede il via con la sua impresa fallimentare e fallita alla disperazione rivoluzionaria ebraica zelota fino alla definitiva catastrofe dell'annessione a Roma della Palestina sotto Tito e Domiziano. Fu veramente crocifisso? Certamente la Palestina lo fu sotto i Romani con la definitiva distruzione del Tempio che ancora non è stato e, credo, non sarà mai più ricostruito. Forse non sbaglio ad affermare che è colpa dei cristiani se oggi stiamo ancora qui a parlare di ebrei e di ebraismo, perché i Romani ne avevano fatto terra bruciata. In ogni caso i cristiani non avrebbero potuto e non hanno di fatto resuscitato il popolo e la religione israelita che sono morti, con tutte le loro attese escatologiche a Masada, duemila anni fa.
Lo Spirito Santo è il Paracleto, e negli scritti evangelici, gli Atti degli apostoli, viene dopo la morte di Gesù sulla croce, cioè dopo la morte del Figlio, cioè dopo la morte del nostro Giovanni primogenito di Giuda il galileo.
Lo Spirito Santo, ovvero il Paracleto, ovvero Dioniso il Liberatore, ovvero l'elemento Violento e Caotico della Trinità, interviene come deus ex machina a risollevare le speranze della dinastia di Gamala dopo la morte di Giovanni e si chiama Falso profeta egizio, il quale sotto Nerone tenta l'audace impresa di prendere Gerusalemme occupata dai Romani. Fallisce e scappa e di lui si perdono le tracce e diventa impalpabile come lo Spirito Santo, che infatti facciamo difficoltà a comprendere mentre più agevole è comprendere un Padre e un Figlio. E' il falso profeta egizio ad affidare gli zeloti superstiti alla guida di Eleazaro di Masada. I Romani conquistano totalmente la Giudea e agli ebrei non resta che sperare nell'arrivo del Messia, mentre quelli che fra poco saranno chiamati cristiani attendono il ritorno del Paracleto, il falso profeta egizio. Speranza vana, come quella di chi attende ancora il ritorno di Artù o di Barbarossa. Secondo me Gesù è stato inchiodato alla croce dai Romani, che facevano le cose per bene, nel 60 d. C. e dunque nessuno Spirito Santo, nessun Messia cristiano ritornerà mai dagli inferi dove è andato duemila anni fa. Amen.
La mia ricerca è partita dunque seguendo le tracce del falso profeta egizio, e cercando su internet ho trovato un primo aggancio sul sito di Davide Donnini che mi ha fortemente convinto della bontà della pista che seguivo, identificando Eleazar con... Lazzaro. Sì, avete capito bene, il Lazzaro fratello della donna di malaffare Maria Maddalena resuscitato a Betania.
Vedi nel sito Il problema del discepolo senza nome
E' evidente che se Lazzaro/Eleazar ben Jair, figlio di Giairo, combatteva a Masada nel 70-73 d. C. non poteva essere tanto più giovane di Gesù crocifisso.
Eleazar figlio di Giairo è nominato a partire dallo stesso libro II della Guerra giudaica in cui si parla del falso profeta egizio (II, 13, 5; io ho sotto gli occhi l’edizione curata da Giovanni Vitucci, Oscar Mondadori) anzi è nominato dopo il falso profeta egizio (II, 17, 9) ma sempre sotto Nerone e in un periodo di sedizioni giudaiche contro i romani. La Guerra giudaica dice che « A capo dei sicari che l’avevano occupata [Masada] c’era Eleazar [di Giairo], un uomo potente, discendente di quel Giuda che, come sopra abbiamo detto, aveva persuaso non pochi giudei a sottrarsi al censimento fatto a suo tempo da Quirinio nella Giudea. » (VII, 8, 1) A proposito di Giuda, di Gamala o galileo, dice: « Sotto di lui [Augusto] un galileo di nome Giuda spinse gli abitanti alla ribellione, colmandoli di ingiurie se avessero continuato a pagare il tributo ai romani e ad avere, oltre dio, padroni mortali. Questi era un dottore che fondò una sua setta particolare, e non aveva nulla in comune con gli altri. » (II, 8, 1) Gli altri vengono subito dopo e sono i Farisei, i Sadducei e gli Esseni. Giuda il galileo va identificato con Giuda figlio del capobrigante zelota Ezechia (II, 4, 1). A proposito di questa setta che non aveva nulla in comune con gli altri suggerisco che si trattasse di Samaritani che venivano confusi coi Giudei (Antichità giudaiche XX, 6, titolato: Come sorse una lite fra Giudei e Samaritani, e come Claudio mise fine alle loro dispute) e dunque i Giudei/seguaci di Cresto cacciati da Roma da Claudio di cui parleremo fra non molto possono benissimo essere stati questi Samaritani.
Eleazar ben Jair
Durante la orribile guerra che insanguinò la Palestina, negli anni dal 66 al 70, indicibili catastrofi si abbatterono sugli ebrei. Gamla, nel Golan, che aveva dati i natali ai principali esponenti della lotta zelotica, fu assediata e distrutta e tutti i suoi abitanti morirono trucidati o suicidi essi stessi, gettandosi spontaneamente nel precipizio che affiancava la città. Nel 70 la stessa Gerusalemme, dopo un lunghissimo e tremendo assedio, cadde sotto il ferro e il fuoco delle legioni di Tito e il tempio fu profanato e saccheggiato. Un paio di anni prima, lo stesso monastero di Qumran, l'eremo nella simbolica "terra di Damasco" degli esseni, presso le rive nord occidentali del Mar Morto, fu distrutto dalle legioni di Vespasiano, durante la marcia da Gerico a Gerusalemme. Qualche tempo prima i confratelli, intuendo l'imminenza di questo pericolo, avevano nascosto le loro scritture nelle grotte sulle scarpate sovrastanti, nella speranza che, in un futuro mai giunto, essi potessero riappropriarsene. I più irriducibili membri della confraternita evitarono di disperdersi e, sfruttando una lacuna nell'organizzazione tattica dei romani, all'indomani della caduta di Gerusalemme, si impadronirono della fortezza di Masada, sempre sulla riva occidentale del Mar Morto, a sud di Qumran [vedi nel viaggio fotografico le numerose fotografie di Masada]. Furono un migliaio coloro che la abitarono per ben tre anni e la difesero a oltranza, sotto uno stretto assedio romano, prima di essere a loro volta sconfitti. Anche questa volta si ebbe un tipico esempio di martirio zelotico: tutti si dettero la morte, nell'imminenza dell'arrivo dei legionari, e costoro non trovarono che cadaveri ad attenderli.
Gli uomini di Masada erano guidati da un certo Eleazar ben Jair (Lazzaro, figlio di Giairo), un'autorità spirituale, nonché politica e militare, di cui Giuseppe Flavio ci dà alcune brevi notizie: era discendente di Giuda il galileo (il capo zelota che veniva da Gamala), parente di Menahem, il figlio di Giuda il galileo che era riuscito (unico nella dinastia degli aspiranti Messia di Israele) ad indossare la veste regale in Gerusalemme, nei giorni funesti dell'assedio romano, per un brevissimo periodo prima di essere ucciso. Se l'aspirante re dei Giudei che era stato crocifisso a Gerusalemme da Ponzio Pilato, nell'anno 30 o poco dopo, veniva da Gamala ed era il figlio primogenito dello stesso Giuda (come abbiamo visto nel capitolo "il problema del titolo Nazareno"), e aveva anticipato senza successo l'impresa che invece era riuscita, sebbene in modo effimero, al fratello minore Menahem, ne possiamo subito concludere che Eleazar ben Jair era anche parente del Cristo dei Vangeli.
Giuseppe Flavio ci ha trasmesso il discorso che questo Lazzaro avrebbe pronunciato a Masada, ai suoi seguaci, per convincerli che l'unica cosa da fare, di fronte alla prospettiva della sconfitta, era quella di togliersi la vita. Non credo che sia facile convincere un migliaio di persone a suicidarsi tutte insieme. Ma se la circostanza è quella che i romani stanno per arrampicarsi sulla montagna da cui non è possibile fuggire, se il capo ha un grande ascendente spirituale, com'è caratteristico di un autorevole maestro, e se i seguaci sono dei fanatici fedeli degli ideali religiosi esseno-zeloti, allora una cosa del genere può diventare possibile.
Il discorso ha l'aria di un sermone iniziatico degno di una disciplina orientale, né mancano espliciti riferimenti alla religiosità dell'oriente, con l'elogio degli indiani che accolgono la morte come una liberazione per l'anima: "...la morte, infatti, donando la libertà alle anime, fa sì che esse possano raggiungere quel luogo di purezza che è la loro sede propria, dove andranno esenti da ogni calamità, mente finché sono prigioniere di un corpo mortale, schiacciate sotto il peso dei suoi malanni, allora sì che esse son morte, se vogliamo dire il vero; infatti il divino mal s'adatta a coesistere col mortale... comunque, se volessimo ricevere una conferma attingendola dagli stranieri, guardiamo agli indiani, che seguono i dettami della filosofia... essi salgono su un rogo, perché l'anima si separi dal corpo nel massimo stato di purezza, e muoiono circondati da un coro di elogi..." (Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica, VII, 8). Evidentemente non è così inverosimile pensare, come alcuni studiosi sostengono, che le idee della confraternita essena fossero influenzate da elementi di spiritualità indo-buddista, oltreché iranico-caldea.
Quando abbiamo detto che la resurrezione di Lazzaro e quella della figlia di Giairo sono le due versioni parallele, una giovannea e l'altra sinottica, dell'iniziazione superiore ricevuta dal discepolo amato da Gesù, abbiamo detto che gli autori sinottici hanno operato alcuni cambiamenti, nei parametri statici dell'episodio, per mascherare le identità dei personaggi. Lazzaro ha cambiato età e sesso, è diventato una ragazza. Il cambiamento è abbastanza radicale da rendere assai difficile, se non impossibile, il riconoscimento della persona. Forse non è cambiato il nome del padre, ed è rimasto quello originale: Giairo. Se così è dobbiamo pensare che Lazzaro fosse figlio di un certo Giairo. Ovverosia che egli fosse... Eleazar ben Jair.
A - entrambi erano coinvolti nel movimento messianico. Infatti il Lazzaro dei Vangeli sarebbe stato fortemente censurato dagli autori sinottici, proprio perché l'impegno principale di costoro era quello di tenere Gesù e il suo intorno ben lontano da ogni coinvolgimento nella lotta messianica. Il Lazzaro di Masada... beh, la sua storia parla chiaro.
B - entrambi erano parenti di Gesù. Come abbiamo visto sopra.C - entrambi erano figli di un certo Giairo.
D - entrambi erano depositari di una speciale iniziazione essena riguardante il senso della morte.
Torneremo al sito di D. Donnini (da cui ho tratto la cartina sotto) in appendice a questo lavoro per tre argomenti interessanti che riguardano quanto ho scritto nei precedenti lavori sul Nuovo Testamento.
0 commenti:
Posta un commento