domenica 26 aprile 2015

IL NOME ETRUSCO DELL'ACQUA

IL NOME ETRUSCO DELL'ACQUA

Giovanni Feo

archeologianuragica


CASCATA D'ACQUA A SADALI

Quando diversi ricercatori giungono ad una medesima proposta, in seguito a differenti percorsi di ricerca, diventa forte la possibilità che quella proposta abbia colto nel segno.

È questo il caso di un’importante radice etimologica etrusca, UR, tradotta in modo identico da diversi autori, ciascuno seguendo una propria personale via di decifrazione.

Il primo è il linguista ed etruscologo Zacharie Mayani, il cui lavoro è stato esageratamente contestato per alcune sue erronee interpretazioni (ma chi non sbaglia mai?), mentre non sono state accolte le sue tante e positive decifrazioni di molti testi etruschi.

In un suo libro (The Etruscan begin to speak, 1961, pag. 227), Mayani spiega come sia giunto, grazie alla comparazione con l’antico “illirico”, a stabilire che il radicale etrusco UR abbia significato di “acqua”. A tale proposito l’autore cita il caso della dea etrusca Uthur, a Roma chiamata Giuturna, dea delle fonti e delle acque.

A medesimi risultati è giunto l’insigne filologo Giovanni Semerano che, nel suo libro “Il popolo che sconfisse la morte”, alla voce “Orcia” (pag. 85) scrive che l’etrusco URCH ha il significato di “acqua”. Semerano, per le sue decifrazioni utilizzava particolarmente la comparazione con l’accadico, il sumero e le lingue semitiche.

Un valente linguista sardo, Massimo Pittau, è giunto ad analoghe conclusioni (vedi www.pittau.it), pubblicando un testo dal significativo titolo: “etruschi, urina, uri, vri – svizzero e sardo Uri – basco UR”.

Pittau mette in risalto alcuni nessi filologici ed etimologici tra diverse lingue – etrusco, basco, sardo, svizzero – così da scrivere: “Di questa quadruplice convergenza linguistica a me sembra che l’unica spiegazione sia questa: la base UR, “acqua”, è ascrivibile al sostrato linguistico mediterraneo…A quanto sostenuto dagli studiosi fin qui citati, posso infine aggiungere il nome dell’etrusca dea della “fortuna”, venerata al Fanum Voltumnae di Volsinii e chiamata in età etrusca-romana Northia; alla dea risaliva la bolsanese gens Nursina (vedi La dea di Bolsena, ed Effigi, 2014).

Il nome Northia deve derivare da un termine più antico, in quanto nella scrittura etrusca non è presente la vocale O. la parola originaria sarebbe quindi URTHIA, presente nelle varianti Ursia e Urcla, da cui le città etrusche di Norcia, Norchia, Vitorchiano e il fiume Orcia (come già evidenziato da Semerano). 

La dea della Fortuna, nel mondo etrusco e romano (e non solo) ebbe quale suo elemento primario l’acqua. La dea fu raffigurata anche come sirena bicaudata e i suoi simboli furono il timone e la vela, strumenti con i quali poteva salvare i naviganti dai pericoli dei “fortunali", le insidiose tempeste del mare.


sabato 25 aprile 2015

Marcello Madau. Amuleto di Nurdole: prodotto fenicio e con grafemi senza significato. Davvero davvero

Marcello Madau. Amuleto di Nurdole: prodotto fenicio e con grafemi senza significato. Davvero davvero?

di Gigi Sanna

Fig. 1 

Guardate cosa scrive polemicamente (1) Marcello Madau nel recente appello alla Giunta Regionale Sarda circa la proposta degli Istentales di presentare all' EXPO di Milano l'inno con la scritta nuragica contenente, tra l'altro, il nome della divinità sarda arcaica yhw(h): '' Non entro nel merito della questione della scrittura e lingua nuragica (quella utilizzata nella canzone è respinta dalla comunità scientifica sarda) né in tante cose che mi sembrano bizzarre come la presenza di Yahwheh nella religiosità nuragica, parole come shalom e del generale tono militaresco -patriottico ''.
Sulla assurda affermazione della voce shalom (e di altre voci ancora) come parola dal tono militaresco- patriottico(2) abbiamo già abbondantemente risposto in più luoghi anche se non sarebbe stato necessario perché fa parte della semplice conoscenza comune che il tipico saluto shalom degli orientali (attestato nella stele di Nora (3) ben cinque volte e rivolto alla divinità e al figlio di questa) significa tutto il contrario della guerra e cioè 'pace'.
Ora sarà bene - lasciando perdere 'pro bono pacis' le meschine insinuazioni sulla 'officina falsariorum' (4) - con la trattazione di un oggetto (indiscutibilmente genuino perché trovato da archeologi presso l'altare all'interno del Nuraghe Nurdole di Orani), replicare a quello che il professore dell' Accademia di Belle Arti di Sassari afferma a proposito dellabizzarra, a suo dire, presenza di YHWH nella scrittura e nella religiosità sarda.
Partiamo dalla incredibile didascalia, offerta dal suddetto, circa l'amuleto che recita quello che si può vedere dalla figura seguente:













Fig. 2 (da PHOINIKES B SRDN, I Fenici in Sardegna, 1997, parte terza,/ I materiali, p. 250)

Incredibile perché si dice


a) Che è un oggetto di cultura fenicia
b) Che porta sul retro grafemi senza significato


L'incredibile del punto 'a' naturalmente parte dall'affermazione del punto 'b' e viceversa l'incredibile del punto 'b' nasce dall'affermazione del punto 'a'. Insomma questa vera e propria castroneria (e quale mai termine si può usare se non questo o uno peggiore?), esito di uno studio (?) fatto superficialmente e in fretta; stupidaggine tanto più grave in quanto profferita da un accademico della 'comunità scientifica sarda' (di cui ci si vanta di far parte) nasce da un solo fatto: che purtroppo l'epigrafia e la paleografia sono lasciate spesso in Sardegna in balia di persone che, come si può vedere anche dalle poche righe dell'articolo succitato della Nuova Sardegna, non solo mostrano inaudita supponenza ma anche totale incompetenza. Ora, poiché ci sentiamo davvero tirati per i capelli nonché offesi da contestazioni ed insinuazioni di bassissimo profilo che niente hanno a che fare e con la scienza e con la ricerca scientifica, a denti stretti diciamo: chi proprio non sa e proprio non capisce è bene che non si erga a paladino e che taccia per non fare meschine quanto ridicole figure. Ma vediamo di dire perché non si sa, perchè non si vede e perchè non si capisce. E anche di dire dove sta il ridicolo.

Mostriamo ora in un disegno fedele (fig.3) ma con un certo ingrandimento e con alcuni segni evidenziati in rosso, le due facce del pendaglio (sic!) di Nurdole e vediamo così di elencare quello che noi vediamo e che il Madau non vede o che, pur vedendo, semplifica al massimo con il massimo della superficialità:

Fig. 3
FACCIA A:


1. Un disco (luminoso: soli -lunare)
2. Un motivo corniforme (due corna che abbracciano all'incirca sino alla metà il disco) con un 'segno' poco definito al centro ma con sicuro significato di 'serpente' .
3. Un motivo 'ornamentale' o decorativo a berretto al di sopra dei capelli.
4. Due segni di scrittura (da noi evidenziati in rosso) di cui uno pittografico dato dall'occhio o 'ayin' e uno lineare dato dal triangolo ovvero dalla consonante semitica 'dalet'




FACCIA B:


1. Un disco (luminoso come il precedente ma non abbracciato dalle corna)
2. Una colonnina 'fallica' disegnata in guisa di 'reggere' il suddetto disco.
3. Cinque minuscoli (6) segni di scrittura (evidenziati anch'essi in rosso) all'interno di essa, ovvero le consonanti alfabetiche 'ayin, nun, hê, yod, hê (reiterata quest'ultima come forma) delle quali le ultime due forse in agglutinamento.

Dall' esame puntuale di tutto l'oggettino emerge subito il dato macroscopico e cioè che le due facce dell'amuleto sono composte entrambe non solo da evidenti segni di scrittura lineare ma anche da pittogrammi e da ideogrammi e cioè da un mix scrittorio che è tipico del codice, continuamente e per tantissimo tempo (7), usato dagli scribi nuragici. Sono facce concepite per essere guardate, viste e 'lette' con particolare attenzione perché il significato complessivo di tutto l'oggetto si svelerà solo attraverso lo scioglimento del (solito) rebus.

Ovviamente i primi segni (disco, corna e viso), quelli più evidenti della faccia A, riportano, con ogni probabilità, l'immagine del dio lunare e solare Khonsu (8), cioè danno il suggerimento del cosiddetto 'egittizzante' ovvero del ricorso dello scriba sacerdote nuragico ad un motivo 'esterno' assai noto della religiosità egizia. Infatti, l 'iconografia del disco abbracciato dalla corna, la presenza probabile del serpente (il segno che abbiamo detto 'indefinito'), la capigliatura che forse suggerisce sul lato destro (sinistro di chi guarda) la caratteristica treccia del dio, la stessa grandezza delle orecchie ed infine il volto giovanile, portano a ritenere che quella sia proprio l'immagine (v. figg. 4 -5) del dio egiziano figlio di Amun Ra dio del Sole e quindi in qualche modo simbolo solare e lunare nello stesso tempo.



 Ma è anche nostra convinzione che la figura della divinità egizia, quella che sembra essere l'unica presente, per e con sincretismo religioso, venga riportata anche e soprattutto al fine di realizzare cripticamente dell'altro o meglio al fine di scrivere dell'altro che riguarda una seconda e più nota divinità locale venerata nel santuario di Nurdole di Orani e in tutta la Sardegna nuragica.
Ma per capirlo sarà bene, così come sempre abbiamo fatto per comprendere altri documenti (e come ancora faremo per diversi altri, tanti altri), ricorrere a tutto ciò che di noto e di appurato scientificamente (9) possediamo circa il repertorio dei segni e il modo di scrivere a rebus degli scribi nuragici. Sappiamo :


Che il disco o il cerchio in nuragico è simbolo della luce doppia (NR נר) solare e lunare, espressione massima dell'androgino YH יה
Che le corna taurine tendono a dare sempre la voce (10) 'ak/'ag (toro)
Che il serpente è simbolo di 'immortalità' עולם
Che il segno decorativo, 'ornamento' o 'cappello', ha sempre valore della consonante 'hê' (acrofonia di hdrhהדרה)
Che il 'segno' a colonnina o a menhir o a obelisco, attestato, tra l'altro, in un altro oggetto sardo 'egittizzante', con scrittura sia egiziana che nuragica (v. fig. 6) rinvenuto in una tomba di Monte Sirai (11), ha il significato di 'potenza' fallica, taurina (עז)

6. Che la scrittura pittografica e ideografica è riportata quasi sempre in mix con segni di natura 'lineare'

Fig. 6.

Circa l'ultimo punto aggiungiamo e precisiamo subito che i segni, da noi individuati (evidenziati con il rosso) sia nella faccia A e sia nella faccia B come consonanti semitiche, sono tutti ampiamente attestati e da tempo nella documentazione nuragica (v. fig. 7: alfabeto nuragico con i segni interessati cerchiati in rosso).


Quindi la lettura, oltre a quella egiziana di 'Khonsu luna -sole' (12) ovvero di Khonsu NL dovrà essere fatta in base ai seguenti segni, letti come sempre dall'alto verso il basso e per primi quelli della faccia A e poi quelli della faccia B.














Cioè Khonsu o il nl 'ak immortale (nhs) lui (hê) è il testimone ('d) del lodare ('nh) la forza ('oz: il fallo o betilo) della luce (nl) di yh.
Pertanto, se la lettura delle due facce, come ci sembra, è corretta e i segni sono quelli da noi individuati e proposti per essa (pittogrammi, ideogrammi, lettere lineari, agglutinamento) ciò vuol dire che l'amuleto con l'immagine del dio egizio testimonia anche (e soprattutto) l'essenza e l'immagine del dio yh o yhwh che dir si voglia. Una volta analizzati gli attributi dell'uno risultano precisi a quelli dell'altro. La raffigurazione e la 'scrittura' del dio egizio Khonsu è anche espressione e 'scrittura' del dio nuragico yhwh. Insomma, l'uno vale per l'altro. L'uno testimonia l'altro.
Ci troviamo, in fondo, di fronte allo stesso dato iconografico sincretistico dello scarabeo amuleto mortuario del sito archeologico di Monte Sirai; con la differenza o variante che nello scarabeo il sincretismo interessa la divinità solareAmun (13) e cioè il padre di Khonsu.
Crediamo a questo punto che non possa sfuggire nessuno il dato comparativo, fondamentale ai fini ermeneutici, che nel caso di Nurdole è raffigurato nella faccia B un betilino o simbolo fallico - taurino con la scritta riguardante la divinità yh e che nello scarabeo di Monte Sirai è ugualmente raffigurato un betilino o obelisco fallico -taurino con una scritta riguardante sempre la divinità nuragica yh. C'è la stessa simbologia e la stessa scrittura yhwhistica nuragica in entrambi gli oggetti. Ma a ben vedere l'identità degli oggetti risulta quasi totale se si considera che in entrambi la scrittura è bipartita, iniziandosi con quella relativa alla divinità egizia per chiudersi con quella nuragica. I due oggetti si richiamano a vicenda e, benché trovati in luoghi molto distanti l'uno dall'altro, possiamo affermare che si mostrano frutto formale e stilistico di una medesima scuola scribale nuragica.
Restano, naturalmente, da trattare i (pochi) dati linguistici che, ancora una volta, sono molto semplici perché si trovano agevolmente con l'ausilio di un qualsiasi vocabolario di semitico antico e, in particolare, nel lessico del VT(14).
Saltiamo la voce composta nl/nr 'ak, la voce hē e la stessa voce 'olam delle quali abbiamo parlato altre volte diffusamente nel presentare i documenti nuragici (15) e soffermiamoci invece sulle parole 'd עד (testimone) e 'nh ענה(lodare, celebrare) che troviamo invece, per la prima volta, nella documentazione semitica nuragica.
La prima si trova in VT come riferita sia a persone che a cose: Dio (Gb, 16, 19) , uomo (Ger 32,10; Es 20, 16); 'mucchio di pietre' o 'altare' (Gn 31, 48; Gs 22,27).
La seconda ha riscontro, sempre nel VT, in Sal 119, 172, in Is 27, 2.




Conclusioni con qualche domandina.


Per il tutto esposto sopra sarà bene che il fenicio se lo scordi non solo il Madau ma lo dimentichino anche quelli della cosiddetta 'comunità scientifica che approva'. E il più presto possibile. Perché non solo questo chiaro documento, ma anche la stele di Nora è nuragica e non fenicia, anche l'amuleto di Nurdole di Orani è nuragico e non fenicio, anche i cocci di Orani sono nuragici e non fenici, anche il piombetto sigillo di Sant'Antioco è nuragico e non fenicio, anche il frammento di stele di Nora è nuragico e non fenicio, anche lo scarabeo del Nuraghe Sant'Imbenia di Alghero è nuragico e non fenicio, anche la barchetta di Teti è nuragica e non fenicia, anche l'anfora di S'arcu 'e is Forros è nuragica e non fenicio - filistea, anche il busto di divinità (pubblicato dal Barreca) è nuragico e non fenicio, anche la pietra di Aidomaggiore è nuragica e non fenicia, anche la scritta dell'architrave del Nuraghe Aiga di Abbasanta è nuragica e non fenicia, anche la scritta del coccio del Nuraghe Alvu di Pozzomaggiore è nuragica e non fenicia, anche la scritta della capanna di Perdu Pes è nuragica e non fenicia, anche la scritta della pietra di Terralba è nuragica e non fenicia, anche le diverse scritte, riportate dallo studioso Pietro Lutzu agli inizi del Novecento, sono nuragiche e non fenicie; e così via, procedendo per decine e decine di documenti. Tutti nuragici, autentici, autenticissimi. Nessun falso, proprio nessuno, nonostante la sciocca tiritera e la psicosi creata meschinamente in questi ultimi anni ad arte per il falso, per il 'tutto falso'. Per centinaia di oggetti falsi, tutti falsi a motivo del pullulare di decine e decine di laboratori di falsari sempre attivissimi e sparsi in tutta la Sardegna!
Detto ciò ci sembra che si debba fare qualche semplice domanda a tutti coloro che ci leggono e ci ascoltano. Sembra mai possibile che un oggetto, per altro di notevole precisione compositiva, possa riportare il volto del dioKhonsu con quegli occhi di cui uno è triangolare? Perché triangolare? Forse che l'iconografia di Khonsu, assai consistente tra l'altro, riporta degli occhi triangolari? L'occhio sinistro triangolare? Sembra mai possibile che uno studioso proceda con tale disinvoltura e non si chieda il perché di quella strana anomalia? Di quella vera e propria macroscopica bizzarria? E che non la denunci? Che non denunci al mondo degli egittologi un Khonsu inedito e ancor più 'mostruoso' del solito? Naturalmente pronti a ricrederci se così non fosse. Anche se il dato inedito nulla cambierebbe ai fini ermeneutici circa la voce resa dai singoli 'strani' grafemi 'significanti'
Ma passi pure l'incredibile svista, se svista c'è stata. Sono la paleografia e l'epigrafia mandate allo sbaraglio il dato sconcertante e l'aspetto davvero inquietante di quella pubblicazione. Infatti, ci chiediamo: come si fa ad affermare e a sostenere che nella faccia B, nel (manifesto) betilino, si trovano grafemi segni senza significato? E lasciamo perdere i 'pittogrammi' del supporto, lasciamo perdere il segno a 'V' per indicare l'ayin di ispirazione protocananaica, rara ma attestata oggi anche in documenti siro - palestinesi (16); lasciamo perdere il trattino orizzontale, attestatissimo invece nella scrittura nuragica (che non si vuole proprio guardare e considerare), come mostra la stessa barchetta di Teti. Lasciamo perdere tutto ciò. Ma come si fa a sproloquiare e a parlare di grafemi senza significato per le lettere nun eyod, lettere che si trovano in tutti, anche i più semplici, repertori con scrittura di tipologia cosiddetta 'protocananaica'? Quando si commenta un oggetto scritto (e che significa mai la parola 'grafema'?) c'è veramente consapevolezza, vera 'scienza' della 'comunità' o c'è solo faciloneria e pressapochismo individuali espressi al massimo grado?
Ora, come si è visto, l'esimio professore osa, dall'alto di non so quale scranno, parlare di bizzarrie per la presenza di YHWH e per 'tanto' altro ancora. Davvero sono bizzarrie e tante le nostre quando è il suddetto professore di Belle Arti che le mostra e tantissime, come quello che, pur avendo davanti agli occhi nel 'suo' documento la voce 'YH' ovvero YHWH, non è in grado di riconoscerla? Che parla di lingua e scrittura nuragica 'respinte' dalla 'comunità scientifica sarda' quando proprio quella scrittura e quella lingua ha sotto il naso e non ne avverte minimamente la presenza? Quando si dà il caso che proprio lui, se provvisto di capacità di giudizio e forte di un minimo di preparazione, dovrebbe essere il primo a difendere 'scientificamente' e quel lessico e quel codice di scrittura?
Cos'è allora che si deve respingere, esimio professore di Belle Arti? Cosa dovrebbe veramente respingere 'la comunità scientifica'? L'ignoranza e la supponenza, entrambe insopportabili, o un bellissimo ed importantissimo documento nuragico del Nuraghe Nurdole a rebus, con evidentissimo sincretismo religioso sardo -egizio, che denuncia, insieme ai tantissimi altri che si sono citati di sopra, tutta quella ignoranza (tragicomica ignoranza), e tutta quella assurda supponenza? Davvero, davvero lei è autorizzato a parlare anche a nome di altri e a fare addirittura appelli a nome della 'comunità' scientifica? E ricorrendo ancora (17) a delle insinuazioni? Ma come si permette!


                          
Note ed indicazioni bibliografiche

1. La Nuova Sardegna del 24 febbraio 2015. La polemica. La Sardegna all'EXPO. M. Madau. Davvero siamo figli dei'tori della luce'? Esso fa seguito all'articolo del 11 Febbraio del giornalista Luciano Piras della Nuova Sardegna dal titolo Gli Istentales all'EXPO cantano in nuragico. Monte 'e Prama sarà la colonna sonora della Sardegna. Un inedito in lingua arcaica dedicato ai Giganti di Cabras. Al Madau, sempre nello stesso giornale. replica il 25 febbraio il cantante Gigi Sanna degli Istentales con l'articolo intitolato 'Porteremo all' EXPO i segni dell'Identità'
2. Madau, 2015, Davvero siamo figli, ecc. cit.
3. Sanna G., La stele di Nora. Il Dio, il Dono, il Santo. The God, the Gift, the Saint (trad. in lingua inglese di Aba Losi), PTM ed. Mogoro, cap. 3.5 pp. 113 -115.
4. Madau, 2015, Davvero siamo figli, ecc. cit.
5. L'amuleto, in faӳence, è di dimensioni molto piccole (h. cm 2,1). Da ciò si capisce quanto piccoli sino anche i segni alfabetici in essa contenuti. Ma la precisione e la chiarezza di essi di essi in tutto l'oggetto confermano la solita grande capacità manuale degli scribi nuragici nel saper organizzare e scrivere non pochi segni e talvolta numerosissimi in spazi o campi scrittori di pochissimi centimetri. Si vedano a tal proposito, oltre ai quattro notissimi sigilli cerimoniali di Tzricotu di Cabras, l'anello di Pallosu di San Vero Milis (Sanna G., Sardōa grammata. 'g 'ab sa'an yhwh Il dio unico del popolo nuragico, S'Alvure ed. Oristano, 6.10, pp. 293 -298), il coccio con scrittura cuneiforme di tipologia ugaritica e protocananaica di Sa serra 'e sa Fruca di Mogoro (Sanna G., 2011, Yhwh e la scrittura nuragica: il log e il recipiente biblico del rito dei Leviti per la purificazione; in gianfrancopintore blogspot.com (25 novembre).
6. I minuscoli segni (v. nota precedente), disposti verticalmente, richiamano perfettamente quelli dell'obelisco dello scarabeo della tomba di Monte Sirai. V. Atropa Belladonna (Aba Losi) 2013, Gli scarabei sigillo della Sardegna e la scrittura segreta del Dio nascosto, in monteprama blogspot.com (ottobre 2013).
7. Il codice, con ogni probabilità, prese le mosse prima del XVI secolo a.C. e durò, senza soluzione di continuità, sino all'età imperiale romana. Alcuni ritrovamenti (un documento nuragico dell'Antiquarium arborense di Oristano, ritenuto erroneamente scritto in ebraico, è datato dagli archeologi al II -III secolo d.C.!) fanno ipotizzare un abbandono lentissimo del codice, in quanto esso rimase ancora vivo per usi soprattutto funerari.
8. Khonsu, dio egizio, faceva parte della famosa triade tebana. Era figlio di Amun, dio del sole e di Mut. V. Tosi M., 2004, Dizionario enciclopedico delle divinità dell'antico Egitto - Ananke, Torino. Come si vedrà più avanti il dio luminoso egizio è paragonato al nuragico YHWH. Ciò è molto importante perché, con ogni probabilità, alcune delle qualità certe di Khonsu (l'essere donatore di vita, taumaturgo, dio oracolare, dio della verità e della giustizia, psicopompo) tendono ad illuminare quelle di YHWH, divinità cananaica e non ancora israelitica. Le qualità luminose di Amun Ra, ovvero del padre Sole, ovviamente sono anche quelle del figlio.
9. I dati scientifici sui 'segni' della scrittura nuragica sono inoppugnabili in quanto essi nascono dal confronto e da riscontri continui tra i 250 documenti sinora rinvenuti e riconosciuti in Sardegna. Si consideri inoltre che il confronto, soprattutto per quanto riguarda il codice e la tipologia di scrittura cosiddetta 'protocananaica', si estende anche a non pochi documenti rinvenuti in Siria -Palestina. Strumento indispensabile per orientarsi sul sistema complesso e a rebus ideato e sempre mantenuto dagli scribi nuragici è la cosiddetta Griglia di Sassari da noi realizzata e comunicata durante il Convegno di Studi del 2011 nella Facoltà di Medicina dell'Ateneo Turritano (Interpretare i linguaggi della mente. Percorsi tra neuroscienze cognitive, paleoneurologia, paleogenetica, epigrafia e archeologia). Detta comunicazione si trova oggi (in sintesi) in Monti Prama, Rivista semestrale di cultura di Quaderni Oristanesi: Sanna G. 2011, Scrittura nuragica: ecco il sistema. Forse unico nella storia della scrittura, PTM ed. Mogoro, pp. 25 - 38.
10. Sanna G, 2004, Sardōa grammata, cit., passim. In part. 14, pp. 555 – 558. Dal 2004 però sono venuti alla luce altri documenti attestanti, anche con maggior chiarezza, la presenza della voce di matrice indoeuropea e non semitica. Si vedano a tal proposito in particolare la barchetta fittile di Teti, la pietra di Terralba e il coccio del Nuraghe Alvu di Pozzomaggiore (v. Sanna G. 2009, Buon Natale da Teti: NuR Hē ’AK Hē ’ABa Hē; in gianfrancopintore blogspot.com (17 dicembre); oggi in monteprama blog (9 dicembre 2013); idem, 2012, Ed ecco finalmente la parola "Nuraghe". In una scritta a Terralba; in gianfrancopintore blogspot.com

(4 luglio); idem, 2010, Il documento in ceramica di Pozzomaggiore; in Melis L, Genesi degli Urjm, pp. 153 -168.

11.M. Guirguis, S. Enzo, G. Piga, (2009), Scarabei dalla necropoli fenicia e punica di Monte Sirai. Studio crono-tipologico e archeometrico dei reperti rinvenuti tra il 2005 e il 2007, in Sardinia, Corsica et Baleares Antiquae, 7, pp. 101-116; Atropa Belladonna (Aba Losi) 2013, Gli scarabei sigillo della Sardegna, cit.
12. Khonsu è considerato comunemente dio della luna. Ma risulta evidente, come si è detto sopra, che essendo egli figlio del Sole Amun RA goda anche delle prerogative che sono proprie del padre.
13.V. ancora Atropa Belladonna (Aba Losi) 2013, Gli scarabei sigillo dellaSardegna, cit.
14. Ciò è dovuto al fatto che la scrittura e la lingua nuragica registrano il dato di un testo religioso redatto in lingua colta semitica anteriore a quello fatto proprio e poi 'purgato' e/o interpolato dagli israeliti. Infatti, nel V.T. scompaiono o tendono a scomparire le caratterizzazioni marcatamente sessuali del dio (fallo e vulva) e cioè l' androginia, quelle astrali (sole -luna), quelle zoomorfe (toro, uccello, serpente), quelle di una divinità oracolare, ecc.
15. Per quest'ultima si vedano, ad esempio, Sanna G, 2012, Croci o svastiche?Filistei o Nuragici? Una brocchetta nuragica per chiudere definitivamente ildiscorso (parte III); in monteprama blogspot.com (7 dicembre); Sanna G., Desogus C., Scalas R. 2014, Buon Natale da Selargius. Cos'è la cosiddetta Tanit? Lospiega un coccio-tavoletta nuragica di 'Su Pranu'; in monteprama blogspot.com (21 dicembre).
16. Sanna G., 2010, Una freccia quasi ŠaRDaN? O addirittura ŠaRDaN? ; in gianfrancopintore blogspot. com (30 giugno).

17. Circa la recidività e le assurde insinuazioni sui falsi e i 'nuovi' falsari del Madau si veda La nuova Sardegna del 29 aprile 2013: Lingua ecultura, l'identità tradita dai nuovi falsari. Dalla scrittura nuragica al mito di Atlantide. L'archeologia diventa un campo a rischio.


domenica 19 aprile 2015

ALTRO CHE LASTRINA OSSEA FENICIO PUNICA CON DIVINITA' , E' SCRITTURA NURAGICA CON DIVINITA' -YHWH-

A Sa Defenza e blog assocciati, Sentiamo il dovere e l'onere di prendere a ripubblicare articoli tratti dal blog Monteprama, a onore del vero e contro l'imbecillità e volgarità dilagante di certo Untore, che semina demenza e idiozie d'altri tempi pel Web; con la speranza che Monteprama continui e non smetta di pubblicare articoli con quella freschezza d'analisi conosciuta sull'archeo e linguistica sarda, sconosciuta alla maggioranza parte dei ricercatori...

F. Barreca: lastrina ossea con divinità fenicio - punica. No, con divinità (yhwh) e scritta nuragica.
di Gigi Sanna
monteprama

Fig.1

Ferruccio Barreca a p. 58 del suo noto ' La civiltà fenicio -punica in Sardegna' (1) così scrive nella didascalia che accompagna il singolare oggetto trovato nel sacello del mastio di Monte Sirai (2): ' Lastrina in osso rappresentante busto di persona divina maschile'.

La lastrina oggi esposta al Museo Nazionale della Civiltà fenicio -punica in Roma, in realtà, come vedremo fra poco, non è un prodotto della civiltà fenicio -punica ma della civiltà nuragica.
Lo studioso romano, già sovrintendente ai beni archeologici della provincia di Cagliari ed Oristano, negli anni Ottanta del secolo scorso naturalmente niente sapeva dei 'segni' della scrittura nuragica, quelli che oggi ci sono familiari e men che meno sapeva dell'esistenza di un sistema di scrittura di carattere religioso basato prevalentemente sulla crittografia e sul rebus. Quindi nell'esame della figura il Barreca deve essere rimasto molto perplesso e del tutto incapace, per motivi oggettivi, di comprendere la natura di un manufatto che al massimo poteva suggerirgli quello che ha suggerito e cioè la figura di un 'busto' di un dio maschile personificato. Quale divinità fosse poi era ancora più difficile da individuare non essendo attestata da nessuna parte e tanto meno in Sardegna una divinità baffuta con un viso perfettamente circolare che schernisce o si fa beffe di qualcuno o di qualche cosa.
Se noi però esaminiamo con attenzione il cosiddetto 'busto' ci rendiamo subito conto, innanzitutto, del chiaro geometrismo della raffigurazione dato da un triangolo (il supporto), da quattro linee oblique che simulano una veste con maniche corte e da un cerchio inserito nel detto triangolo. Quindi notiamo che il triangolo è reso alla base con le braccia e i pugni della persona, raffigurati opposti ed uniti come nell'atto di alludere ad una notevole forza, resa questa ancor più evidente dalle braccia muscolose e dai bicipiti. Ancora notiamo un copricapo ornamentale che sicuramente doveva terminare con una punta (il vertice superiore del triangolo), oggetto che è composto da quattro pendagli a mo' di trecce che scendono, due per parte, dalla testa- cerchio per circa la metà di esso. E infine notiamo che entrambi gli occhi hanno, sottostanti, due barrette orizzontali (simulanti verosimilmente più le rughe che le guance) e dei baffi che nascondono una bocca nell'atto di cavare la lingua e di fare uno sberleffo.
Scopriamo così, già da una prima osservazione, che quella strana raffigurazione cela qualcosa di nascosto, di molto nascosto, che spetta a noi decifrare e svelare.
Innanzitutto osserviamo che i 'macrosegni' della composizione sono il cerchio e il triangolo in cui esso è inserito, iconografia questa non difficile da interpretare in quanto in non poche civiltà antiche il significato è quello costante di 'occhio di Dio che tutto vede (the all seing eye), essendo spesso il cerchio simbolo dell'occhio luminoso (solare e lunare) della divinità e il triangolo simbolo della perfezione della stessa(3).

Ora, dal momento che sappiamo che nella scrittura nuragica il supporto deve essere letto per primo (4) e che spesso per primi, a sé stanti, vanno letti i segni più significativi, avremo una prima lettura con il significato suddetto di 'occhio di Dio che tutto vede '.

Fig.2


Se noi, forti sempre della validità della 'griglia di Sassari' ovvero degli espedienti di norma messi in essere nella scrittura arcaica sarda (5), ricorriamo ai simboli fonetici, pittografici e non, alla numerazione convenzionale logografica, all' acrofonia, all'ideografia, al lessico consueto e a quant'altro ci è noto del nuragico in mix e a rebus, ci rendiamo conto che il messaggio è quello che, tante volte, ci è capitato di leggere nella documentazione scritta messa in atto dagli scribi nuragici. Ma con una inedita e singolarissima aggiunta, come quella che ci consente, come vedremo più avanti, di dare una precisa identità al dio 'nascosto' nell'atto di schernire.
Individuati i due macrosegni che ci danno la lettura 'ayin yh עין יה partiamo ora da quelli più piccoli disposti al di fuoridel cerchio (o viso che sia del dio rappresentato) e poi calcoliamo quelli all'interno di esso. Noteremo innanzitutto che c'è la (solita) voce 'potenza', ovvero 'oz 'scritta' per tre volte in modo differente (6) :


- la forza resa con i quattro 'pendagli - trecce' dell'ornamento o berretto posto al di sopra della testa circolare
- la forza resa dalle 'quattro' linee simulanti il principio della veste.
- la forza resa con l'ideogramma delle braccia opposte in tensione muscolare e dei pugni chiusi


A questa noi dobbiamo aggiungere l'acrofonia della parola hdrh הדרה (ornamento, berretto) che ci consente di avere, come di norma in nuragico (7), il 'hê ovvero il pronome semitico lui/lei ה.
Avremo quindi la seconda lettura :



Tab. 1


Prendiamo ora i segni contenuti all'interno del viso e avremo:



- la voce nur/nul ottenuta con il viso circolare
- la voce 'ak ab(i) resa dal disegno della fronte e del naso
- la voce forza resa con il pittogramma 'ayin (occhio) e con il segno lineare zayin (le rughe)
- la voce forza resa ancora con il pittogramma 'ayin e con il segno lineare zayin (le rughe)
- la voce 'l (dio) ottenuta con l'immagine della 'aleph (toro) + l'ideogramma l'g לעג (schernire, farsi beffe di)

Avremo quindi il terzo dato di senso come si può vedere dalla tab. 2



Tab. 2


Tradotta in altri simboli nuragici corrispondenti la sequenza completa sarebbe questa:





Quindi la lettura completa del documento con scrittura criptata, se tutto abbiamo compreso e tutto messo al posto gusto, dovrebbe essere la seguente:


1. 'ayin di Dio
עין יה


2. 'oz 'oz 'oz di lui


ה עז עז עז


3. 'El doppia forza del toro alato (bue api) della luce


אל עז עז נל אג אב

Come si è visto sopra, abbiamo chiamato YH,provvisoriamente, il dio ma abbiamo il dato certo, per via acrofonica, che il dio è chiamato 'EL. Quindi siamo di fronte al biblico 'El YH.
Ora, se nessuna difficoltà sembra incontrarsi per accettare che l'oggetto nasconda una lettura ottenibile attraverso la soluzione del complicato rebus (eseguito questo, ripetiamo, con tutti i normali requisiti del sistema nuragico, compreso quella della lettura dall'alto verso il basso), un rebus indicante la potenza straordinaria, ovvero lasuperpotenza (8) della divinità, nessun ostacolo sembra ergersi anche per capire (e sino in fondo, senza possibili obbiezioni) che la divinità, così singolarmente e stranamente raffigurata, sia indiscutibilmente quella di YH.
Infatti, il dio noto in letteratura (l'unico caratterizzato, da quanto sappiamo, per questo aspetto) non di rado presentato nell'atto di chi 'si fa beffe di' e di chi 'schernisce' è il dio 'el yhwh אל יהוה del Vecchio Testamento.
Per esserne convinti si veda il celebre passo di Ps 2,4. Insorgono i re della terra/ e i principi congiurano insieme/ contro il Signore ed il suo consacrato// ''Spezziamo le loro catene /gettiamo via da noi il loro giogo !''// Ride colui che sta nei cieli / il Signore si fa beffe di loro / Egli parla nella sua ira , li spaventa nella sua collera' oppure quello di Prv. 1, 26: anch'io riderò delle vostre sventure, mi farò beffe quando su di voi verrà la paura'
Appare evidente che l'oggetto non rechi nessuna allusione ai casi specifici suddetti. C'è invece la semplice allusione e quindi il ricorso alla protezione di quel Dio doppiamente luminoso (soli -lunare), ovvero di yhwh, che si fa beffe di tutto e tutti e a cui nessuna potenza può resistere e può essere paragonata. Perciò chi porta con se quell'amuleto, usato con ogni probabilità contro il malocchio e la malasorte, si fa forte della magia dello scritto della 'potenza' nascosta dell' occhio di YHWH e può andare tranquillo contro il negativo dell'esistenza e magari contro chi, in un modo o nell'altro, vorrebbe nascostamente attentare alla sua serenità e alla sua incolumità.
Da ciò che si è detto su questa lastrina ossea risulta chiara l'analogia, se non di forma di contenuto, con altri due documenti nuragici di cui già si è parlato (v. figg. 3 e 4) ovvero del dischetto di Villaverde (9) e dell'oggetto votivo diS'Arcu 'e is Forros di Villagrande Strisaili (10).
Infatti anche in questi due casi lo scriba oltre a 'scrivere' più volte la voce 'oz , sottolinea che quella forza è doppia e che quella è la forza di yhwh. Basta riprendere le tabelle che abbiamo adoperato per illustrarli più compiutamente e attuare un confronto per rendersi conto che quello che dicono essi sostanzialmente dice anche il documento pubblicato dal Barreca.








Fig.3



Fig.4


Dal detto confronto ci piace rimarcare l'aspetto riguardante l'attenzione dei nuragici ( che sarà fatta propria dagli Etruschi (fig. 5) per la divinità androgina TIN/UNI 'apacatic' (11)) della doppia fonte di luce ovvero del doppio ed eterno occhio alato o cerchio soli - lunare. Il YHWH cananaico, di chiara ispirazione siro - palestinese, della Sardegna arcaica si distingue da quello del VT per la varia e più marcata simbologia (toro, serpente, uccello, albero della vita, fallo) ma soprattutto per una assai più accentuata connotazione astrale. YHWH è soprattutto NR, doppia luce che dà la vita, eterna lampada o occhio del cielo, diurna e notturna, senza la quale non ci sarebbe stato il principio della creazione e da quell'istante la vita.



Fig. 5


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Post-scriptum: osservazioni e commenti a questo post, inducono a presentare il cosiddetto "timpano" in trachite del pozzo sacro nuragico di Genoni (OR)-colle di Santu Antine. Lo si confronti con la figura 2 di questo post. MP



L'immagine del concio in trachite dal pozzo sacro di Genoni (sin.) è da questo sito. A destra, la figura 2 di questo post
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Note ed indicazioni bibliografiche


1. Barreca F. 1986, Sardegna archeologica. Studi e monumenti. La civiltà fenicio -punica in Sardegna, Delfino ed. Sassari.
2. Si tenga presente che il cosiddetto 'mastio' fu in origine (nuragica) un tempio e presumibilmente continuò ad esserlo anche in periodo successivo. Fu di esclusivo uso religioso e non militare. Non è un caso che il nostro oggetto di cultura religiosa nuragica yhwhistica fu trovato nel sacello. Per informazioni sul sito archeologico e le interpretazioni che vennero date sull'insediamento si veda in particolare P. Bernardini, 1989, Le origini di Sulcis e Monte Sirai, in Studi di egittologia e di antichità puniche, 4, pp. 45-66; P. Bartoloni, Monte Sirai: genesi di un insediamento, in Incontro "I Fenici", Cagliari, Regione Autonoma della Sardegna; P. Bartoloni- S.F.Bondì- L.A. Marras, 1992Monte Sirai, collana " Itinerari" , Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1990, pp. 31-36; idem,1994, L'impianto urbanistico di Monte Sirai nell'età repubblicana, in Atti del X Convegno di studio "L'Africa Romana" (Oristano, 11-13 dicembre 1992), Sassari, Gallizzi, pp. 817- 829; P. Bartoloni, 2000, La necropoli di Monte Sirai, Roma, Istituto per la civiltà fenicia e punica; Monte Sirai. Le opere e i giorni, a cura di P. Bernardini, C. Perra, 2001, Carbonia,; P. Bartoloni, 2002, Monte Sirai 1999-2000. Nuove indagini nell'insula B, in Rivista di Studi Fenici, 30,, pp. 41- 46;. P. Bartoloni, 2004. Monte Sirai, collana "Sardegna archeologica. Guide e Itinerari", Sassari, Carlo Delfino; M. Guirguis, 2012, Monte Sirai 2005-2010. Bilanci e prospettive, in Vicino Oriente, 16 pp. 97-129.
3 V. Chevalier J.- Gheerbrant A., 2005, Dictionnaire des Symboles. Mythes, Rêves, Coutumes , Gestes, Formes, Figures, Coulerurs, Nombres, Laffont ed. Paris, pp. 686 -689 e 967 – 969.
4. Sanna G., 2011, Scrittura nuragica: ecco il sistema. Forse unico nella storia della scrittura; in Monti Prama. Rivista di cultura di Quaderni Oristanesi, Dicembre, n° 62, pp. 25 - 33.
5. Ricordiamo ancora una volta che il codice nuragico, durato più di 1500 anni (XVI secolo a.C. - III secolo d. C.), fece uso, sino alla fine, della normativa posta in essere all'alba della sua nascita. Le regole del mix e del rebus delle cosiddette 'statue stele' sono, si può dire, le stesse dell'ultimo documento nuragico in mix (semitico sardo, latino ed etrusco) custodito in un museo della Sardegna (di cui tra non molto parleremo).
6. A queste ( v. più avanti) si devono sommare altre due voci 'oz. Quindi per la numerologia, sempre presente nei documenti nuragici, si deve registrare che la voce 'oz è ripetuta cinque volte. Essendo il cinque, così come il quattro, simbolo della potenza, l'oggetto, in virtù dell 'iterazione della parola, tende ad esaltare al massimo grado la 'potenza' del dio. Insomma ripetendo per cinque volte la voce potenza si ha il risultato di ottenerne una sesta.
7. Sanna G., 2011, Scrittura nuragica: ecco il sistema. Forse unico, ecc. cit. p. 27
8. Sanna G., 2013, La bipenne nuragica bronzea scritta di S'Arcu 'e is Forros di Villagrande Strisaili e la 'potenza' (עז) di IL YHWH; in monteprama blogspot.com (8 ottobre); idem, 2013, Tresnuraghes (Sardegna). La chiesetta campestre di Sant'Antonio e il concio della rete - trappola di yh(wh); in Monteprama blogspot. com (22 ottobre); idem, 2015, M.A.Fadda, Una mano con un piatto e due crostini? No, la yad di YHWH che regge la doppia forza del mondo; in monteprama blogspot. com (26 gennaio)
9. Sanna G., 2015, VILLA VERDE. Il talismano dell'occhio di Y(hwh). L'iterazione logografica in nuragico; in monteprama blogspot.com (7 febbraio)
10. Sanna G., 2013, La bipenne nuragica bronzea scritta di S'Arcu 'e is Forros, ecc. cit.

11. Sanna G., 2014, Scrittura nuragica: gli Etruschi allievi dei Sardi (I); in Monteprama blospot.com (1 dicembre); idem, 2014, Scrittura nuragica: gli Etruschi allievi dei Sardi(II); in monteprama blospot.com (10 dicembre); idem, 2015, Cerveteri. L'iscrizione (IV secolo a.C.) del cosiddetto 'Pilastro dei Claudii'. Laris Aule larisal figlio di Tin /Uni. Il linguaggio dei numeri nuragico ed etrusco. I documenti di Crocores e di Nabrones di Allai (III); in monteprama blogspot.com (11 gennaio).