martedì 15 settembre 2015

ATLANTIDE MEMORIE DI UN CONTINENTE PERDUTO

ATLANTIDE MEMORIE DI UN CONTINENTE PERDUTO
L’esistenza del mitico continente di Atlantide continua ad essere uno degli enigmi più appassionanti della storia. Comparsa per la prima volta nelle opere di Platone, Atlantide viene descritta come una civiltà altamente evoluta ed organizzata benché negli ultimi tempi i suoi abitanti furono corrotti dall’eccesso di avidità e dall’amore per le cose materiali.



Abitanti di Atlantide

A migliaia di anni di distanza dal giorno in cui sarebbe sprofondato negli oscuri abissi dell’Oceano Atlantico, il continente di Atlantide continua ad essere uno degli enigmi più appassionanti della storia. Semmai è esistita,Atlantide fu una civiltà che non ha avuto eguali. Eppure, secondo i suoi cronisti, sarebbe svanita in un attimo senza lasciare traccia.


Il racconto più antico e più esauriente dell’ascesa e della rovina di questa grande isola risale al IV secolo a.C. ed è opera del filosofo greco Platone. Secondo la sua descrizione, Atlantide era un territorio dove gli animali, compresa “la specie degli elefanti”, abbondavano e dove abili agricoltori avevano creato frutteti profumati. Nella capitale non si contavano i palazzi signorili, di uno splendore superato soltanto dal palazzo del re e dal vicino tempio eretto in onore di Poseidone. Ma né l’oro né la gloria risparmiarono agli abitanti di Atlantide un tragico destino. Il loro crescente materialismo suscitò le ire degli dei e l’intera civiltà si condannò ad una fine drammatica e prematura.

Come detto, tra le meraviglie dell’Atlantide di Platone primeggiava il grande palazzo reale. Costruito al centro della capitale e circondato da tre canali, la residenza dei re si apriva su un cortile dove si innalzava il tempio di Poseidone. Il palazzo era stato eretto da Atlante, primogenito di Poseidone e primo re diAtlantide, ma i sovrani successivi non si accontentarono di lasciare intatta questa reggia.

Ogni sovrano riceveva in eredità il palazzo dal suo predecessore” scrive Platone“e lo adornava a sua volta, come già l’altro aveva fatto, cercando di superarlo, finché non resero il palazzo meraviglioso a vedersi per la bellezza e la grandiosità dell’insieme”. I visitatori entravano da un grande viale, che superava i tre canali, attraverso portali che si aprivano un varco nelle mura di ottone, di stagno e in mura più interne di rame “dai riflessi di fuoco”.

Nella cerchia di queste mura si trovavano le dimore dell’aristocrazia: palazzi di pietra bianca, nera e rossa, estratta dalla roccia. Uno splendore ineffabile regnava dappertutto. “Le ricchezze che possedevano” scrive Platone dei monarchi diAtlantide “erano tali che non se ne erano mai viste di simili in nessuna dimora reale e mai se ne vedranno”.

Il centro spirituale di Atlantide era il tempio di Poseidone dove tra l’altro i governanti si riunivano per tramandare le leggi. Circondato da mura d’oro, esternamente il tempio era, secondo Platone, “tutto rivestito d’argento, eccetto gli alti pinnacoli del tetto, che erano d’oro. Nell’interno il soffitto era d’avorio variegato d’oro, d’argento e di rame”. Nel cortile centrale del tempio si ergeva una gigantesca statua d’oro di Poseidone alla guida di sei destrieri alati.

Il monarca di Atlantide e i suoi nove fratelli, principi delle altre nove provincie, si riunivano ogni cinque o sei anni in questo maestoso salone. Sacrificato un toro agli dei, i sovrani si raccoglievano intorno ad un braciere e pronunciavano giudizi, trascrivendoli su una tavola d’oro. Grazie al buon governo gli atlantidei vivevano in armonia. “Per molte generazioni” scrive Platone “i loro cuori furono nobili e puri e si comportarono con grande clemenza e saggezza”.

Al culmine della sua gloria, 9.200 anni prima della nascita di Platone, l’impero diAtlantide dominava su quasi tutto il Mediterraneo. Gli atlantidei erano all’apice della bellezza e della felicità. Eppure, scrive Platone, erano “tutti gonfi di sfrenata avidità e potenza”. Il lusso nel quale vivevano aveva avuto come conseguenza che gli atlantidei ormai sapevano apprezzare solo la ricchezza materiale. “L’elemento divino in loro si andava estinguendo, perché sempre più mescolato all’elemento mortale”.

Gli atlantidei, incapaci di portare il fardello delle loro ricchezze, avevano smarrito ogni virtù. E ora stavano radunando eserciti per conquistare Atene e l’Oriente. MaZeus, il dio supremo, intervenne con un tremendo castigo. “Si scatenarono spaventosi terremoti e cataclismi ed in un solo giorno, in una sola notte, l’isola di Atlantide si inabissò e scomparve”. Platone dubitava che si sarebbero trovate tracce della terra andata perduta. “L’oceano in quel punto” scrive “è ancora oggi difficile alla navigazione ed inesplorabile”.

Capitale di Atlantide



fonte

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sabato 12 settembre 2015

Come avere una esperienza extracorporea "Out of Body Experience" I primi passi

Come avere una esperienza extracorporea "Out of Body Experience" I primi passi

Laken Gardner
In5D
Sa Defenza







Molti sono affascinati dal viaggio astrale , ma non sanno da dove cominciare.
 Saltiamo direttamente e vediamo la pratica di come possiamo ottenere qualcosa che spesso viene etichettato mistero.

Prima di tutto: l'Intento

La vostra intenzione non deve essere incredibilmente dettagliata, la cosa principale è la sensazione che segue al vostro desiderio.

Forse si vuole avere una visione. Guarire. Forse ci si vuole risvegliare con un quel senso di stupore ed energia  posseduti da bambino. O forse, siete semplicemente curiosi.

Basta essere certi che quando ci si disgrega, vi è qualcosa di positivo alla radice.

Forse non sai bene cosa potrai guadagnare da questo, la tua intenzione è di solito impostata verso la crescita, la salute, e la migliore armonia, ecc.
Prima di concentrarsi su come avere un'esperienza fuori dal corpo, ci si deve chiedere perché la si vuole.

Segue quello che noi chiamiamo "impostazione di scena." Questo significa porre la mente e il corpo nello stato ottimale per avere esperienze extracorporee.
 La tua mente deve entrare nel giusto stato.
Per raggiungere il rilassamento richiesto e mettere a fuoco, useremo la parola " meditazione ", ma non preoccupatevi se non avete già fatto esperienza di meditazione. Ci sono metodi di meditazione e varie tecniche che vi aiutano a mettere le vostre onde cerebrali nello stato giusto di quiete.

Fluttuazione

Come forse sapete, gli esseri umani sono soggetti a diversi cicli di sonno .

In generale, ci sono i cicli alfa, theta e delta delle onde cerebrali. Questi sono letteralmente diverse frequenze che il vostro cervello risuona quando entra nei diversi cicli di sonno.

Ma il tuo cervello vibra sempre a velocità diverse, e non solo durante il sonno. La scienza insegna che tutto vibra.
Le onde cerebrali influenzano la chimica del cervello e, quindi, l'esperienza. Quelli che hanno appena meditato probabilmente avranno una risposta diversa, dalla circolazione disturbata, da qualcuno che ha appena avuto una sgradevole lite con il coniuge.

Allo stesso modo, ci sono onde cerebrali più favorevoli alle esperienze extracorporee .

Alcune ricerche indicano che le sostanze chimiche rilasciate dalle ghiandole pineale e pituitariapossono avere seri effetti sul modo in cui il nostro cervello organizza tutti gli input sensoriali che si traducono in ciò che chiamiamo esperienza.
 Se una parte del cervello conosce a livello intuitivo come avere un'esperienza extracorporea, è dovuto all'azione delle ghiandole pineale e pitutaria.
Ecco la parte confortante: tutto ciò non vi sembrerà così sconfortante se si tiene a mente questo fatto fondamentale: la nostra coscienza sperimenta una realtà separata nei sogni ogni notte.

Dal momento che il nostro processo mentale è basato sulla reazione agli stimoli, chi può dire che gli stimoli esterni , che sperimentiamo nella vita reale siano più validi o "reali"degli stimoli interni che sperimentiamo nello stato di sogno?

Si prega di riprendere in considerazione ciò che molte persone ritengono "normale" questo vi sensibilizzerà e sarà uno strumento per esplorare il mondo delle esperienze extracorporee.

Il che porta a:

Consigli per principianti

Le tue abitudini in uno stato (di veglia, il sogno , di esperienze extracorporee) tutti fattori che influiscono gli uni gli altri. Quindi, essere consapevoli nella vostra vita di veglia. Neanche fermarsi un paio di volte al giorno per prendere qualche respiro e dire: "Eccomi. Io sono vivo, " ti aiuterà.

Alcuni ulteriori suggerimenti di "impostazione della scena":
  • Non mangiare troppo vicino alla sessione, e non essere neanche affamato.
  • Inutile dire, che troppa caffeina o zucchero prima dell'esperienza non è raccomandata.
  • Indossare abiti comodi, e usa la tua versione di rilassamento. Ricordate, alcune persone hanno bisogno di stanze completamente buie e silenziose, mentre per altre realtà si sentono sotto una certa pressione in un ambiente del genere. A volte le liste dei punti ben intenzionati vanno scordati , meglio attenersi ai fatti.
  • Lasciate che il vostro intuito e il vostro sorriso vi guidino. Anche un articolo come questo su come avere una esperienza extracorporea non è proprio la stessa cosa di un manuale di istruzioni per il lettore DVD: c'è spazio perché siate voi a darci il vostro parere!
  • Partire dalla sessione in un momento diverso rispetto a quando si va a letto può aiutare (altrimenti ci si può solo addormentare!). Inoltre, si raccomanda che un'altra persona sia fisicamente presente nella stanza con voi solo se si tratta di qualcuno che conosci bene ed è persona di cui vi fidate completamente.
  • Anche in questo caso, il trascinamento delle onde cerebrali per quietare il dialogo interiore, è bene avviare la mente verso stati più mistici, ha aiutato molti a superare il gap iniziale, dimostrando di essere il perno nella vostra cella di strumenti e tecniche Obe..


L'autore: Laken Gardner scrive su molti altri argomenti spirituali.
I lettori di questo articolo possono trovare interessante il blog  al link correlato: esperienza fuori dal corpo.

Platone e le origini del mito di Atlantide

Platone e le origini del mito di Atlantide

La nascita del mito di Atlantide è riconducibile al filosofo greco Platone che per primo ne parlò nelle sue opere. Il leggendario continente, regnato dai discendenti di Poseidone, doveva trovarsi ad ovest dello stretto di Gibilterra al centro dell’attuale Oceano Atlantico. Si inabissò improvvisamente nell’arco di una sola notte in seguito ad un terribile cataclisma.




Platone 428 – 348 a.C.

Nel corso dei secoli sono sorte innumerevoli ed eterogenee teorie sul fantomatico continente scomparso di Atlantide, tuttavia per risalire alle origini del mito occorre fare un passo indietro nell’età della Grecia classica. Molti credono cheAtlantide sia legata ai miti ed alle leggende dei greci, ma questo è vero solo in parte. Le radici di Atlantide affondano nel mondo degli antichi greci, ma, ad onor del vero, non prendono nutrimento da un mito o da una leggenda in particolare, come invece accadde per le storie di Giasone e degli argonauti, di Teseo e delMinotauro o della guerra di Troia.

Tali storie, infatti, sviluppate e tramandate da poeti, commediografi e narratori, appartenevano di diritto alla tradizione ellenica. Magari non concordavano sui particolari, ma l’essenza delle rispettive vicende era universalmente conosciuta in quanto erano parte di un bagaglio culturale che risaliva all’età del bronzo. Quella di Atlantide, invece, è una storia completamente diversa, dal momento che la sua narrazione è riconducibile ad una sola persona, il filosofo greco Platone (427 – 347 a.C.). Altri autori greci, dopo di lui, parlarono di Atlantide, ma le loro versioni sono semplicemente dei derivati.

Quando, in due brevi dialoghi, Platone parla di Atlantide non attinge alle solite tradizioni greche; asserisce di avere una precisa fonte: un lontano parente, il legislatore e poeta Solone (615 – 535 a.C.). Solone aveva navigato in lungo e in largo per tutto il Mediterraneo ed in uno dei suoi viaggi era approdato in Egitto. Preceduto dalla fama di sapiente, Solone era stato ricevuto dai sacerdoti della città di Sais (l’attuale Sa-el-Hagar) nel delta del Nilo. Stando a Platone, Soloneinvitò gli egizi a parlare di “fatti antichi“, i ricordi più lontani nel tempo, ed i sacerdoti gli narrarono una storia che aveva dell’incredibile.

Dapprima essi risero nell’ascoltare Solone che, risalendo fin alle origini del suo popolo, raccontava gli avvenimenti da lui ritenuti più antichi, e si rivolsero così nei suoi confronti: “Solone, Solone, voi greci siete ancora dei fanciulli“. Secondo i sacerdoti la storia risaliva a migliaia di anni prima: le loro istituzioni erano state fondate almeno ottomila anni addietro e conservavano la memoria di eventi ancora anteriori. Asserivano che novemila anni prima (cioè nel 9.570 a.C.) già esisteva la grande città di Atene di cui i greci attuali avevano un labile ricordo, ammesso che l’avessero, poiché la loro memoria veniva ogni volta cancellata a seguito di catastrofi cicliche. In quei tempi remoti, Atene era governata da una casta di guerrieri che disdegnavano le ricchezze e conducevano una vita semplice. Gli ateniesi avevano guidato con successo la resistenza delle popolazioni europee contro le invasioni di un regime tirannico, le forze unite dell’impero di Atlantide.

Atlantide era un continente – isola situato ad occidente, oltre le colonne d’Ercole(lo stretto di Gibilterra), governato da una coalizione di sovrani che discendevano da Poseidone, il dio del mare. Il re dei re apparteneva alla progenie del figlio maggiore di Poseidone, Atlante, che diede il nome sia all’isola sia all’oceano che la circondava. Un tempo i discendenti di Atlantide erano semidei dal cuore puro, ma, col passare del tempo, il sangue divino si dissolse ed essi diventarono corrotti ed avidi. Nonostante fossero al comando di un già vasto impero, i cui confini si estendevano dall’Italia centrale all’Egitto, decisero di assoggettare anche il resto del mondo che si affacciava sul Mediterraneo. Invasero altri territori finché incontrarono la resistenza degli elleni che, per quanto abbandonati dai loro alleati, riuscirono a respingerli.

Mentre la guerra volgeva al termine, gli dei tennero concilio e decisero di punire l’orgoglio smisurato degli atlantidei. “Seguirono terremoti ed inondazioni di straordinaria violenza e nello spazio di un giorno e di una notte tremenda l’isola di Atlantide scomparve assorbita dal mare“. Durante quella stessa catastrofe, l’esercito ateniese, che ancora era in guerra, sprofondò nelle viscere della terra.

Nel Crizia, Platone descrive dettagliatamente la società di Atlantide. L’isola era un vero paradiso, benedetto da ogni sorta di ricchezze: acque limpide a profusione, metalli preziosi, una vegetazione lussureggiante da cui si poteva ricavare un’infinita gamma di prodotti, dal cibo ai profumi, e c’erano svariate specie di animali, compresi gli elefanti. Se anche fosse mancato qualcosa sull’isola, questo veniva importato dall’impero d’oltremare. Di conseguenza, i re di Atlantide“possedevano enormi ricchezze, più di quante furono mai possedute da re e potentati, e mai lo saranno“.

Ciascun sovrano aveva una sua città reale, ma la più importante, la capitale, era la metropoli governata dai discendenti di Atlante. Poseidone stesso l’aveva fondata ed aveva scavato una serie di anelli concentrici ricolmi d’acqua per proteggerla. I re che gli succedettero si prodigarono per abbellirla ulteriormente, scavarono un tunnel sotterraneo in corrispondenza degli anelli di terra per collegare fra loro i canali circolari ed unirli al vicino mare. Innalzarono enormi ponti e possenti mura attorno ad ogni anello e li rivestirono di metallo: quello più esterno luccicava per il bronzo, il successivo era di stagno, e quello più interno diorichalcum, un metallo sconosciuto “che scintillava come il fuoco“. Nella parte più esterna della città ubicarono un porto, magazzini, caserme, ippodromi, boschetti e templi, mentre sull’isola, al centro, eressero un complesso di palazzi che era una vera meraviglia. Il tempio principale (dedicato a Poseidone ed a sua moglie, la ninfa Cleito) era ricoperto di argento e di pinnacoli d’oro, il tetto era di solido avorio decorato con metalli preziosi. Era tre volte più grande del Partenone ad Atene ed all’interno conteneva immagini dei primi re e regine di Atlantide ed una statua d’oro puro di Poseidone, che quasi toccava il soffitto: era alta 91 metri (per fare un paragone la statua della Libertà a New York è alta 46 metri e poggia su un piedistallo di pari altezza).

Nel racconto di Platone non c’è nulla che giustifichi gli eccessi presenti in libri popolari su Atlantide: nessuna traccia di macchine volanti e di pistole a raggi, niente sacerdoti con poteri psichici, nessun riferimento al fatto che i suoi abitanti fossero a conoscenza ed usassero pericolose forze cosmiche. Il racconto di Platone era così stiracchiato che lo stesso Aristotele (384 – 322 a.C.) lo bollò come prodotto di pura invenzione. A discolpa è possibile citare le parole che Platone attribuisce a Crizia (di Atlantide si parla sia nel Timeo che in Crizia), cioè che la storia è “vera alla lettera“. Crizia era un parente di Platone, esattamente il suo bisnonno. Si suppone che la storia sia stata tramandata dal loro antenato Solone che, prima di morire, aveva composto un’epica su Atlantide. Per Platone mentire significava quindi trascinare due suoi avi eminenti nel discredito, il che sembra improbabile, sebbene fossero ormai deceduti. Un vero rebus che ha confuso gli studiosi fin dagli scritti di Platone: questa storia è immaginaria o dietro ad essa si cela una qualche verità storica?



venerdì 31 luglio 2015

MONACI SHAOLIN: l'importanza di alimentarsi in armonia con la natura


MONACI SHAOLIN: l'importanza di alimentarsi in armonia con la natura
emotionartsacademy.org

"Sii moderato con il cibo e non gravare il tuo corpo con pesi inutili, dagli solo quello che richiede, ed esercitati nel digiuno quando è indebolito"



Ogni energia, ogni parte del creato, è indispensabile alla vita. Ogni specie vivente ha un proprio ruolo in questa gigantesca struttura cosmica, per cui c'è una sorta di sacralità che deve essere recuperata dall'uomo moderno, la sacralità di ciò che ci circonda: la sacralità dell'acqua dell'aria, del sole, non in senso pagano o panteistico, ma come visione di un progetto unico. Il "cosmo", (che significa ordine, a cui si contrappone il termine caos, che significa dis-ordine), è il prodotto di un progetto intelligente, il cui artefice è Dio. L'universo è un progetto sano, il cui scopo è di permettere a ciascun individuo di effettuare il più avventuroso dei viaggi: la realizzazione del sé. La scoperta dell'io dell'auto-coscienza, è il traguardo di un essere umano degno di questo nome. L'equilibrio tra i macro e i micro-sistemi, all'interno del cosmo, produce un'ulteriore ordine che chiamiamo: salute, serenità e illuminazione. Esiste un'intima relazione tra il microcosmo e il macrocosmo, un'unità. Ciò che è fuori è dentro, la stessa acqua che è fuori è la stessa acqua che è dentro; la stessa aria che mobilita tutto ciò che si muove nell'universo, mobilita tutto ciò che si muove nel microcosmo del corpo; della stessa sostanza con cui sono fatte le nostre ossa, sono fatte le ossa di tutti gli altri esseri. Gli elementi solidi, liquidi e gassosi, l'energia termica, il Qi, presenti nel corpo, sono gli stessi presenti nell'universo. Per cui depauperando queste energie, depauperiamo le nostre stesse risorse. Indebolendo e degradando l'ambiente che ci circonda, degradiamo il nostro stesso ambiente fisiologico. Le nostre fonti energetiche, sono il risultato dell'interazione dei macro elementi cosmici: spazio, aria, fuoco, acqua e terra, che si aggregano sempre nella medesima sequenza, come è dimostrato dalle scienze come l'embriologia e la botanica. L'elemento gassoso è il prodotto dello spazio, l'elemento termico è l'esito dell'elemento gassoso, l'elemento liquido è generato dalla condensazione provocata dall'elemento termico, e l'elemento solido è la trasmutazione dell'elemento liquido. Creare confusione su queste macrocategorie, significa confondere la mente, i pensieri e il nostro atteggiamento nei confronti della vita, con l'immediata conseguenza della confusione nella nutrizione, che produce a sua volta, una cattiva assimilazione del Qi, che come risultato provoca patologie fisiologiche e psicologiche.

L'importanza di alimentarsi in armonia con la natura

"Non si deve mai bere vino, né mangiare carne. È contro le regole del buddismo. Coloro che vogliono imparare lo Shaolin-kung-fu devono obbedire a questo comandamento, perché il vino annulla la volontà e l'abilità, e la carne seppellisce lo spirito."

Per assorbire il Qi dalla natura, è necessario adottare una dieta adeguata, in quanto alcuni cibi favoriscono l'assorbimento del Qi cosmico e altri lo ostacolano. I maestri raccomandano a chi intraprende il sentiero Shaolin, di alimentarsi con cibi vegetariani e di non bere alcolici, poiché la dieta vegetariana è compassionevole e la più coerente per chi pratica lo Shaolin-Kung-fu. Il cibo non solo influisce sul corpo ma anche sullo stato mentale. "La qualità del cibo che mangiamo diventa la qualità della nostra coscienza. Perciò se non cambiamo dieta non saremo in grado di cambiare la nostra coscienza." Il cibo è una sostanza fisica composta di cinque elementi terra, acqua, fuoco, aria, etere, che nutre direttamente il livello fisico (sarira) e attraverso la sua mediazione, nutre indirettamente anche il livello mentale (manas) e quello coscienziale (citta). Il cibo nutre la forza vitale (Qi), attraverso la quale: sostiene i riflessi istintivi autonomi e stimola gli impulsi emozionali dormienti nell'inconscio, generando un particolare tipo di attività, in accordo alla natura del cibo stesso. Per esempio, alimentandosi di carne, sostanza pervasa dall'influenza della malvagità verso le altre creature, si promuovono l'aggressività e la violenza. Dal punto di vista atletico, durante la pratica del kung-fu, l'energia concentrata in una particolare parte anatomica, supera in alcuni casi l'80% in un solo movimento. Nell'esecuzione delle sequenze tao-lu, la riuscita perfetta dell'esercizio dipende dalla concentrazione di volontà e intenzione (yinian), che genera e invia al corpo una grande quantità di energia jing. Ma è importante soprattutto considerare la qualità del jing espresso nella pratica del kung-fu. L'alimentazione carnea sviluppa un jing aggressivo, violento (ossia senza logica), impulsivo e incontrollabile, mentre l'alimentazione vegetariana fornisce un jing vivace e potente, di prima qualità, facilmente gestibile, che potenzia il sistema immunitario e la struttura muscolo-scheletrica, protegge il sistema cardio-vascolare, raffina le facoltà sensoriali, e dona una capacità di ripresa tre volte superiore a quella di un soggetto con un regime alimentare a base di carne. Recenti studi hanno confermato che gli atleti vegetariani esprimono più controllo, più forza e resistenza di quelli carnivori che invece dimostrano di essere più violenti, impulsivi e incostanti. Anche nel laboratorio della natura constatiamo questa realtà; per lavorare l'uomo non utilizza i più potenti predatori della terra come i leoni o le tigri, ma i mansueti animali erbivori come elefanti e tori, perché sono più forti. Il mito diffuso che nutrirsi con proteine d'origine animale (carne, uova e pesce), generi un corpo forte e robusto è falso. Questa abitudine errata, porta invece a superare le esigenze proteiche dell'organismo, promuovendo lo sviluppo di una struttura corporea grossolana, espressione di una crescita accelerata e innaturale, più esposta all'azione tossica dei residui proteici non digeriti, che provoca una maggiore disposizione alle malattie infettive e a patologie cardio e cerebro-vascolari. L'esperienza clinica conferma infatti, un aumento delle difese immunitarie su soggetti passati ad una dieta latteo-vegetariana.

La compassione dei discepoli di Buddha

"Il saggio ha il cuore unito alla natura, e con la saggezza vive in modo che tutti possano vivere."


Per ottenere la carne è sempre necessario ferire o uccidere, e una persona nobile non desidererà infliggere sofferenza ad altri solo per soddisfare la sua lingua. Inoltre i monaci Shaolin imparano a combattere dagli animali, come potrebbero mostrarsi così ingrati verso questi "maestri della natura" da arrivare ad ucciderli? Mangiare carne è senza alcun dubbio un'azione violenta e quindi non conforme al buddismo. La dottrina buddista insegna: "Due pilastri sostengono il grande edificio del buddismo: grande saggezza (maha-prajna) e grande compassione (maha-karuna). La saggezza scorre dalla compassione e la compassione dalla saggezza, perche sono una cosa sola". Il primo precetto buddista ingiunge: "Non uccidere, anzi mantieni e tutela ogni forma di vita", e i Testi del buddismo Mahayana sostengono che: "Mangiare la carne spegne il seme della grande compassione." Buddha nella sua vita personificò questo oceano di compassione, con la scelta vegetariana che aveva un ruolo essenziale nella saggezza che predicava. Un poema attribuito a Lui afferma: "Le creature senza piedi hanno il mio amore. E così (lo hanno) quelle a due piedi; e anche quelle a molti piedi. Possano tutte le creature, tutte le cose che hanno vita, tutti gli esseri di qualsiasi specie, non vedere mai niente che li possa danneggiare. Possa non accadere loro mai nulla di male." I Suoi primi biografi riferiscono che considerava il desiderio di mangiare carne "una pulsione nata dall'ignoranza (trishna)." I racconti Jataka, insegnano che tutti gli uomini, prima o poi hanno avuto corpi di animali e che tutte le creature hanno la facoltà di raggiungere l'illuminazione in una nascita futura, per cui uccidere un animale è un atto esecrabile quanto uccidere un essere umano. Tutti i sutra buddisti come il Lankavatara, il Surangama e il Brahmajala, per nominarne alcuni, appoggiano il vegetarianesimo. Nel Lankavatara-sutra per esempio il Signore Buddha afferma: "Per il bene dell'amore e della purezza, il bodhisattva (l'anima illuminata) dovrebbe astenersi dal mangiare carne, che è generata dal seme, dal sangue, ecc. Per non incutere terrore agli esseri viventi, il bodhisattva, che si sottopone a una disciplina per raggiugere la compassione, si astenga dal mangiare carne. ... Non è vero che la carne sia un cibo adatto e permissibile, quando non si è i diretti responsabili dell'uccisione dell'animale, quando non si ha ordinato agli altri di ucciderlo, quando non è stato ucciso appositamente per noi. ... Di nuovo, ci saranno persone in futuro che... sotto l'influenza del desiderio di carne (trishna), metteranno insieme molte argomentazioni sofisticate, e in tanti modi diversi, per difenderne il consumo. ... Ma ... il mangiare carne in qualsiasi forma, e in qualsiasi luogo è incondizionatamente e una volta per tutte proibito. ... Non ho permesso a nessuno di mangiare carne, non lo permetto ora, e non lo permetterò in futuro...." Inoltre, nel Surangama-sutra afferma: "E` per sfuggire alle sofferenze della vita e per cercare di raggiungere il samadhi (la perfezione mistica), che si pratica dhyana (la meditazione). Ma perché infliggere sofferenza agli altri, quando noi stessi cerchiamo di sfuggirla? A meno che non possiate controllare la mente in modo tale da placare anche solo il pensiero di un atto brutale e dell'uccidere, non sarete mai in grado di sfuggire ai legami della vita in questo mondo. Dopo il mio parinirvana (illuminazione ultima) nell'ultimo kalpa (era) si incontreranno ovunque diversi tipi di fantasmi che inganneranno la gente e insegneranno che si può mangiare la carne e raggiungere lo stesso l'illuminazione. ... Come può un bhikshu (colui che cerca), che spera di imparare a liberare gli altri, vivere della carne di esseri senzienti?" Una descrizione della missione di Buddha compare nelle opere di Jayadeva Gosvami, famoso maestro spirituale e poeta della fine del dodicesimo secolo. Nel suo popolare cantico devozionale Gita-Govinda, scritto in omaggio alle dieci principali incarnazioni di Dio, Jayadeva scrisse: "O mio Signore! O Persona Suprema! Tutte le glorie a Te! Per tua grande compassione sei apparso nella forma di Buddha per condannare i sacrifici di animali raccomandati nei Veda." Le ingiunzioni di Buddha misero fine a questa macellazione incontrollata di animali, e il buddismo indiano autentico viene tutt'ora ricordato per la sua enfasi sulla non violenza e il rispetto di tutte le forme di vita. I movimenti buddisti contemporanei, come il Buddhists Concerned for Animal Rights, si danno da fare per ristabilire i principi vegetariani nella tradizione buddista. E alcune branche del buddismo, come l'Ordine Shaolin e la setta Cao-Dai, che ha avuto origine nel Vietnam del sud, vantano ora due milioni di seguaci, tutti vegetariani. L'ahimsa, il rispetto per la vita in tutte le sue forme, è rimasta il pilastro di sostegno di tutte le scuole di pensiero religioso orientale, e del buddismo in particolare.

Non fare agli altri...

"Gli altri sono noi, noi siamo gli altri. Come ci poniamo verso la vita, la vita si pone verso di noi"

La dottrina buddista, prescrive dunque ai monaci Shaolin un regime alimentare interamente vegetariano, perché il saggio non vive a spese della vita altrui, eppure la natura gli fornisce tutto ciò di cui ha bisogno. La violenza sugli animali non è soltanto una questione di etica astratta o di sentimentalismo religioso, infatti, secondo le leggi della natura, si raccoglie ciò che si semina. Per armonizzarsi con la natura e beneficiare della sua energia, è necessario rispettarla, e chi sceglie di essere violento verso di lei, riceverà in cambio solo reazioni violente. In accordo ai Veda chi uccide gli animali direttamente o indirettamente (per esempio acquistando carne), ne riceverà una reazione precisa, qualcosa che va al di là degli scrupoli morali e dei rimorsi di coscienza. Si dice: "Ciò che semini raccogli", questo inesorabile ciclo di azioni e reazioni è chiamato in sanscrito: "Legge del karma." Uccidere altri esseri viventi e mangiarne la carne, significa agire in modo disarmonico con le leggi della natura, perciò provoca indubbiamente un accumulo di karma negativo. La reazione destinata non si manifesta immediatamente, ma nel corso del tempo, nella forma di malattie, incidenti e violenza. Molti recenti rapporti medici e scientifici infatti, hanno dimostrato chiaramente la relazione che c'è fra diete a base di carne e "killer" implacabili come il cancro e le malattie di cuore. Per eliminare la sofferenza nostra e altrui dal mondo e per evitare morti inutili, i monaci Shaolin aderiscono al principio buddista: ahimsa paramo dharmah ("la non violenza è il supremo dovere dell'essere umano"). Gli spiritualisti hanno il dovere di insegnare con il loro esempio, il rispetto e la compassione per l'intera creazione, perché è sulla compassione universale che si basa la vita spirituale, perciò come può uno spiritualista essere crudele? I maestri Shaolin concludono: "La nostra preoccupazione per le creature di Dio, è fondata sulla visione spirituale, che Damo ci ha insegnato, questa visione di uguaglianza universale è la chiave per poter rispettare ogni forma di vita, ed è un impegno che rimane incrollabile in ogni circostanza."

Funzioni del cibo

"Se desideri avere vigore fisico, devi mangiare il cibo giusto al momento giusto"

Per alimentarsi in modo appropriato bisogna prendere in considerazione i seguenti sei fattori: il posto, il momento del giorno, il periodo di tempo trascorso dall'ultimo pasto, il tipo di cibo, l'ordine in cui i cibi devono essere consumati, e l'attitudine mentale. Il luogo e l'atmosfera in cui si assume il cibo devono essere tranquilli, perché durante il processo alimentare, la forza vitale (Qi) e la mente (shen) si aprono e si espongono alle influenze ambientali, diventando fortemente vulnerabili e influenzabili dall'ambiente, dalla coscienza di chi ha cucinato il cibo, e della gente con cui si consuma il pasto. Perciò si può dire che noi, non siamo solo ciò che mangiamo, ma siamo anche come coloro con cui mangiamo e come l'ambiente dove mangiamo. Non dovremmo sottovalutare il potere che ha il cibo di influenzare i nostri pensieri e il nostro comportamento. Molti problemi psicologici riflettono le nostre scorrette abitudini alimentari; di conseguenza correggendo le abitudini alimentari, si favorisce il controllo del subconscio e del riversarsi dei suoi contenuti sul piano cosciente. Non si dovrebbe intrattenere discorsi pesanti durante il pasto, ma ascoltare le Sacre Scritture in modo che il fuoco della digestione, espansione plenaria del Signore Supremo, digerisca volentieri il cibo ingerito.
Anche il momento in cui si assume il cibo è importante. Il monaco-guerriero deve mangiare sempre in orari fissi. Come certi momenti del giorno sono preposti per una particolare attività, ci sono momenti ottimali anche per mangiare. Il fuoco della digestione Jataragni (Vaisvanara) è più forte quando il sole è alto nel cielo (massimo yang), perciò il pasto principale deve essere consumato intorno a mezzogiorno. In questo momento, due terzi dello stomaco possono essere riempiti di cibo, che verrà completamente digerito, grazie all'aria contenuta nel rimanente spazio, che ne permette l'amalgamazione. Il pomeriggio il fuoco della digestione s'indebolisce, perciò, come al mattino, anche la sera è preferibile mangiare cibi leggeri: frutta fresca, latte, riso ecc., oppure si possono assumere cibi pesanti, riempiendo però lo stomaco solo di un terzo della sua capacità. In accordo all'Ayurveda non bisogna mangiare niente durante le sei ore che seguono un pasto pesante, o le tre ore e mezza che seguono un pasto leggero.
Come ogni altra cosa nell'universo, anche il cibo è condizionato dalle influenze cosmiche della virtù, della passione e dell'ignoranza, riflesse negli elementi che lo compongono, e nelle impressioni che provoca nella coscienza di chi lo consuma. Ecco perché l'Ayurveda e la Bhagavad-gita consigliano di nutrirsi di cibi sotto l'influenza della virtù. "I cibi cari a coloro che sono influenzati dalla virtù accrescono la durata della vita, purificano l'esistenza e danno forza, salute, soddisfazione e felicità."
Le uniche funzioni del cibo sono quelle di accrescere la longevità, di purificare la mente e di dare al corpo salute e vigore. I grandi saggi del passato hanno scelto gli alimenti che soddisfano nel modo migliore queste esigenze. Con una corretta alimentazione vegetariana non c'è da temere carenza energetica, purché siano sempre presenti nel cibo: carboidrati, proteine, vitamine, grassi e zuccheri che si ottengono facilmente alternando cereali integrali, legumi, latticini, frutta, verdura, aromi e grassi di buona qualità.

Il cibo spirituale

"I devoti del Signore sono liberi da ogni peccato perché si nutrono di cibo offerto prima in sacrificio. Gli altri, che preparano il cibo solo per un piacere personale, in verità si nutrono solo di peccato."

Gli alimenti in virtù: cereali, frutta, verdura, latticini e zucchero, o quelli in passione e in ignoranza: carne, uova e pesce, non possono essere creati dall'uomo. Neppure il caldo, la luce, l'acqua o l'aria, che sono indispensabili alla vita, possono essere prodotti dalla società umana. Senza il Signore Supremo non esisterebbe né la luce del sole, né il chiaro di luna, né la pioggia, né il vento, né il Qi, e nessuno potrebbe vivere. È evidente che la nostra vita dipende soltanto dalla generosità del Signore. Tutto nell'universo è parte dell'energia di Dio, perciò tutto, incluso il cibo, dovrebbe essere usato in accordo al Suo desiderio. Questo è ciò che si chiama sacrificio (yajna). Il fine dell'esistenza si raggiunge compiendo sacrifici, ma se dimentichiamo lo scopo della vita umana e usiamo i benefici offerti dal Signore solo per la gratificazione dei sensi, sprofonderemo sempre più nell'esistenza materiale e saremo puniti dalle leggi della natura. E non è certo questo il fine della creazione. Semplicemente preparando il cibo come sacrificio a Dio, ci si può liberare dal karma, perché Lui è onnipotente e può trasformare l'energia materiale in spirituale. Il Signore specifica però nella Bhagavad-gita, che accetta solo offerte di alimenti vegetariani: "Se qualcuno Mi offre con amore e devozione una foglia, un fiore, un frutto e dell'acqua, Io accetterò la sua offerta." Egli ci libera dal karma solo a patto che rispettiamo queste premesse. Grazie al cibo santificato il corpo diventa immune da ogni forma di contaminazione materiale, perché quando il cibo è offerto a Dio si trasforma in prasada (lett. "misericordia"); cioè non solo diventa esente da karma, ma è saturo d'energia spirituale positiva e chi lo mangia avanza sulla via della liberazione. I Veda spiegano che il cibo offerto in sacrificio si santifica; e quando si mangia cibo santificato, il Qi positivo purifica il sangue, il sangue purifica i tessuti cerebrali, e così i pensieri diventano puri. Quando i pensieri diventano puri, anche le azioni da essi generate diventeranno pure. Agendo in modo puro, l'esistenza diventa più pura e con la purificazione dell'esistenza, i tessuti sottili della memoria si santificano. Quando la memoria è santificata, l'uomo può impegnarsi sulla via della liberazione.

Il digiuno

"Tutti gli animali malati o feriti, per istinto rifiutano il cibo, bevono solo poca acqua, cercano calore e quiete e vogliono essere lasciati soli a riposare digiunare, fino alla guarigione. Saggio comportamento da cui dovremmo prendere esempio."

Il processo fisiologico fondamentale che sostiene l'organismo umano, conosciuto come metabolismo, si compone di due incessanti attività in equilibrio: l'"anabolismo" (costruzione) e il "catabolismo" (distruzione della materia organica). L'assunzione del cibo è seguita dalla digestione, dall'assimilazione e infine dall'eliminazione dei rifiuti. Nel momento in cui si assume un nuovo pasto, la fase di eliminazione si arresta o rallenta, perché l'energia viene utilizzata da i processi digestivi. Di conseguenza l'energia a disposizione delle attività depurative non riesce, in genere, ad eliminare tutte le scorie prodotte dall'attività catabolica e digestiva, che si accumulano producendo tossiemia. Durante un digiuno, cessando la digestione e l'assimilazione del cibo, tutta l'attività dell'organismo è devoluta allo smaltimento dei rifiuti. Tutta l'energia si trasferisce agli organi escretori e viene impiegata anche per la riparazione di lesioni o danni dei tessuti. Il digiuno dunque pone l'organismo in una condizione in cui le forze di rigenerazione naturale sono libere di agire. È molto meglio prevenire le malattie con digiuni periodici, l'alimentazione e una vita sana, piuttosto che tentare di curarle quando sono già insorte. Il digiuno porta alla guarigione di ogni sorta di disturbi e malattie; la rigenerazione dell'organismo, il ringiovanimento profondo dei tessuti e della persona, l'affinamento dei sensi, il potenziamento delle facoltà mentali come il ragionamento, la memoria e l'attenzione, e si acquisisce una straordinaria lucidità, serenità e progresso spirituale.

Amitabha!

fonte: emotionartsacademy.org

venerdì 1 maggio 2015

SAREBBERO IMMINENTI SCONVOLGENTI RIVELAZIONI DEL PAPA SUGLI EXTRATERRESTRI...

SAREBBERO IMMINENTI SCONVOLGENTI RIVELAZIONI DEL PAPA SUGLI EXTRATERRESTRI... 

voceuniversale





Mauro Biglino, studioso di religioni e famoso ricercatore biblico mostra carteggi in cui esperti, annuncia le imminenti rivelazioni che vedono protagonista la Chiesa: «Questo nuovo Papa Francesco così buono, innovativo e determinato sta “addolcendo la pillola” in vista di rivelazioni sconvolgenti. Vere bombe che riguarderebbero proprio la nostra genesi». 

Si tratta di ipotesi alquanto forti, avvalorate da alcuni documenti: carteggi in cui esperti, luminari ebraici e cristiani in modo non esplicito fanno trapelare con preoccupazione che siamo alla vigilia di una svolta. 

Una realtà che potrebbe far realmente saltare in aria tante “sicurezze teologiche”. 

Insomma toglieranno il velo a tante verità oscurate da visioni favolistiche e interpretazioni guidate. Siamo forse alla vigilia di una nuova teologia. 

Studiosi gesuiti ed accademici ebraici sanno che si tratta di una questione non più eludibile. 

Biglino teorizza: «Gli alieni hanno creato l’uomo. Un fatto che parla di cellule staminali e clonazione che ha fatto sì che uomini-scimmia iniziarono a capire ordini e linguaggi trasformandoli in una sorta di operai massa». 

Solo in questo modo si spiegherebbe l’incredibile salto di conoscenza che portò in breve tempo alla costruzione di monumenti come le piramidi (che potrebbero essere dei catalizzatori di energia).


domenica 26 aprile 2015

IL NOME ETRUSCO DELL'ACQUA

IL NOME ETRUSCO DELL'ACQUA

Giovanni Feo

archeologianuragica


CASCATA D'ACQUA A SADALI

Quando diversi ricercatori giungono ad una medesima proposta, in seguito a differenti percorsi di ricerca, diventa forte la possibilità che quella proposta abbia colto nel segno.

È questo il caso di un’importante radice etimologica etrusca, UR, tradotta in modo identico da diversi autori, ciascuno seguendo una propria personale via di decifrazione.

Il primo è il linguista ed etruscologo Zacharie Mayani, il cui lavoro è stato esageratamente contestato per alcune sue erronee interpretazioni (ma chi non sbaglia mai?), mentre non sono state accolte le sue tante e positive decifrazioni di molti testi etruschi.

In un suo libro (The Etruscan begin to speak, 1961, pag. 227), Mayani spiega come sia giunto, grazie alla comparazione con l’antico “illirico”, a stabilire che il radicale etrusco UR abbia significato di “acqua”. A tale proposito l’autore cita il caso della dea etrusca Uthur, a Roma chiamata Giuturna, dea delle fonti e delle acque.

A medesimi risultati è giunto l’insigne filologo Giovanni Semerano che, nel suo libro “Il popolo che sconfisse la morte”, alla voce “Orcia” (pag. 85) scrive che l’etrusco URCH ha il significato di “acqua”. Semerano, per le sue decifrazioni utilizzava particolarmente la comparazione con l’accadico, il sumero e le lingue semitiche.

Un valente linguista sardo, Massimo Pittau, è giunto ad analoghe conclusioni (vedi www.pittau.it), pubblicando un testo dal significativo titolo: “etruschi, urina, uri, vri – svizzero e sardo Uri – basco UR”.

Pittau mette in risalto alcuni nessi filologici ed etimologici tra diverse lingue – etrusco, basco, sardo, svizzero – così da scrivere: “Di questa quadruplice convergenza linguistica a me sembra che l’unica spiegazione sia questa: la base UR, “acqua”, è ascrivibile al sostrato linguistico mediterraneo…A quanto sostenuto dagli studiosi fin qui citati, posso infine aggiungere il nome dell’etrusca dea della “fortuna”, venerata al Fanum Voltumnae di Volsinii e chiamata in età etrusca-romana Northia; alla dea risaliva la bolsanese gens Nursina (vedi La dea di Bolsena, ed Effigi, 2014).

Il nome Northia deve derivare da un termine più antico, in quanto nella scrittura etrusca non è presente la vocale O. la parola originaria sarebbe quindi URTHIA, presente nelle varianti Ursia e Urcla, da cui le città etrusche di Norcia, Norchia, Vitorchiano e il fiume Orcia (come già evidenziato da Semerano). 

La dea della Fortuna, nel mondo etrusco e romano (e non solo) ebbe quale suo elemento primario l’acqua. La dea fu raffigurata anche come sirena bicaudata e i suoi simboli furono il timone e la vela, strumenti con i quali poteva salvare i naviganti dai pericoli dei “fortunali", le insidiose tempeste del mare.


sabato 25 aprile 2015

Marcello Madau. Amuleto di Nurdole: prodotto fenicio e con grafemi senza significato. Davvero davvero

Marcello Madau. Amuleto di Nurdole: prodotto fenicio e con grafemi senza significato. Davvero davvero?

di Gigi Sanna

Fig. 1 

Guardate cosa scrive polemicamente (1) Marcello Madau nel recente appello alla Giunta Regionale Sarda circa la proposta degli Istentales di presentare all' EXPO di Milano l'inno con la scritta nuragica contenente, tra l'altro, il nome della divinità sarda arcaica yhw(h): '' Non entro nel merito della questione della scrittura e lingua nuragica (quella utilizzata nella canzone è respinta dalla comunità scientifica sarda) né in tante cose che mi sembrano bizzarre come la presenza di Yahwheh nella religiosità nuragica, parole come shalom e del generale tono militaresco -patriottico ''.
Sulla assurda affermazione della voce shalom (e di altre voci ancora) come parola dal tono militaresco- patriottico(2) abbiamo già abbondantemente risposto in più luoghi anche se non sarebbe stato necessario perché fa parte della semplice conoscenza comune che il tipico saluto shalom degli orientali (attestato nella stele di Nora (3) ben cinque volte e rivolto alla divinità e al figlio di questa) significa tutto il contrario della guerra e cioè 'pace'.
Ora sarà bene - lasciando perdere 'pro bono pacis' le meschine insinuazioni sulla 'officina falsariorum' (4) - con la trattazione di un oggetto (indiscutibilmente genuino perché trovato da archeologi presso l'altare all'interno del Nuraghe Nurdole di Orani), replicare a quello che il professore dell' Accademia di Belle Arti di Sassari afferma a proposito dellabizzarra, a suo dire, presenza di YHWH nella scrittura e nella religiosità sarda.
Partiamo dalla incredibile didascalia, offerta dal suddetto, circa l'amuleto che recita quello che si può vedere dalla figura seguente:













Fig. 2 (da PHOINIKES B SRDN, I Fenici in Sardegna, 1997, parte terza,/ I materiali, p. 250)

Incredibile perché si dice


a) Che è un oggetto di cultura fenicia
b) Che porta sul retro grafemi senza significato


L'incredibile del punto 'a' naturalmente parte dall'affermazione del punto 'b' e viceversa l'incredibile del punto 'b' nasce dall'affermazione del punto 'a'. Insomma questa vera e propria castroneria (e quale mai termine si può usare se non questo o uno peggiore?), esito di uno studio (?) fatto superficialmente e in fretta; stupidaggine tanto più grave in quanto profferita da un accademico della 'comunità scientifica sarda' (di cui ci si vanta di far parte) nasce da un solo fatto: che purtroppo l'epigrafia e la paleografia sono lasciate spesso in Sardegna in balia di persone che, come si può vedere anche dalle poche righe dell'articolo succitato della Nuova Sardegna, non solo mostrano inaudita supponenza ma anche totale incompetenza. Ora, poiché ci sentiamo davvero tirati per i capelli nonché offesi da contestazioni ed insinuazioni di bassissimo profilo che niente hanno a che fare e con la scienza e con la ricerca scientifica, a denti stretti diciamo: chi proprio non sa e proprio non capisce è bene che non si erga a paladino e che taccia per non fare meschine quanto ridicole figure. Ma vediamo di dire perché non si sa, perchè non si vede e perchè non si capisce. E anche di dire dove sta il ridicolo.

Mostriamo ora in un disegno fedele (fig.3) ma con un certo ingrandimento e con alcuni segni evidenziati in rosso, le due facce del pendaglio (sic!) di Nurdole e vediamo così di elencare quello che noi vediamo e che il Madau non vede o che, pur vedendo, semplifica al massimo con il massimo della superficialità:

Fig. 3
FACCIA A:


1. Un disco (luminoso: soli -lunare)
2. Un motivo corniforme (due corna che abbracciano all'incirca sino alla metà il disco) con un 'segno' poco definito al centro ma con sicuro significato di 'serpente' .
3. Un motivo 'ornamentale' o decorativo a berretto al di sopra dei capelli.
4. Due segni di scrittura (da noi evidenziati in rosso) di cui uno pittografico dato dall'occhio o 'ayin' e uno lineare dato dal triangolo ovvero dalla consonante semitica 'dalet'




FACCIA B:


1. Un disco (luminoso come il precedente ma non abbracciato dalle corna)
2. Una colonnina 'fallica' disegnata in guisa di 'reggere' il suddetto disco.
3. Cinque minuscoli (6) segni di scrittura (evidenziati anch'essi in rosso) all'interno di essa, ovvero le consonanti alfabetiche 'ayin, nun, hê, yod, hê (reiterata quest'ultima come forma) delle quali le ultime due forse in agglutinamento.

Dall' esame puntuale di tutto l'oggettino emerge subito il dato macroscopico e cioè che le due facce dell'amuleto sono composte entrambe non solo da evidenti segni di scrittura lineare ma anche da pittogrammi e da ideogrammi e cioè da un mix scrittorio che è tipico del codice, continuamente e per tantissimo tempo (7), usato dagli scribi nuragici. Sono facce concepite per essere guardate, viste e 'lette' con particolare attenzione perché il significato complessivo di tutto l'oggetto si svelerà solo attraverso lo scioglimento del (solito) rebus.

Ovviamente i primi segni (disco, corna e viso), quelli più evidenti della faccia A, riportano, con ogni probabilità, l'immagine del dio lunare e solare Khonsu (8), cioè danno il suggerimento del cosiddetto 'egittizzante' ovvero del ricorso dello scriba sacerdote nuragico ad un motivo 'esterno' assai noto della religiosità egizia. Infatti, l 'iconografia del disco abbracciato dalla corna, la presenza probabile del serpente (il segno che abbiamo detto 'indefinito'), la capigliatura che forse suggerisce sul lato destro (sinistro di chi guarda) la caratteristica treccia del dio, la stessa grandezza delle orecchie ed infine il volto giovanile, portano a ritenere che quella sia proprio l'immagine (v. figg. 4 -5) del dio egiziano figlio di Amun Ra dio del Sole e quindi in qualche modo simbolo solare e lunare nello stesso tempo.



 Ma è anche nostra convinzione che la figura della divinità egizia, quella che sembra essere l'unica presente, per e con sincretismo religioso, venga riportata anche e soprattutto al fine di realizzare cripticamente dell'altro o meglio al fine di scrivere dell'altro che riguarda una seconda e più nota divinità locale venerata nel santuario di Nurdole di Orani e in tutta la Sardegna nuragica.
Ma per capirlo sarà bene, così come sempre abbiamo fatto per comprendere altri documenti (e come ancora faremo per diversi altri, tanti altri), ricorrere a tutto ciò che di noto e di appurato scientificamente (9) possediamo circa il repertorio dei segni e il modo di scrivere a rebus degli scribi nuragici. Sappiamo :


Che il disco o il cerchio in nuragico è simbolo della luce doppia (NR נר) solare e lunare, espressione massima dell'androgino YH יה
Che le corna taurine tendono a dare sempre la voce (10) 'ak/'ag (toro)
Che il serpente è simbolo di 'immortalità' עולם
Che il segno decorativo, 'ornamento' o 'cappello', ha sempre valore della consonante 'hê' (acrofonia di hdrhהדרה)
Che il 'segno' a colonnina o a menhir o a obelisco, attestato, tra l'altro, in un altro oggetto sardo 'egittizzante', con scrittura sia egiziana che nuragica (v. fig. 6) rinvenuto in una tomba di Monte Sirai (11), ha il significato di 'potenza' fallica, taurina (עז)

6. Che la scrittura pittografica e ideografica è riportata quasi sempre in mix con segni di natura 'lineare'

Fig. 6.

Circa l'ultimo punto aggiungiamo e precisiamo subito che i segni, da noi individuati (evidenziati con il rosso) sia nella faccia A e sia nella faccia B come consonanti semitiche, sono tutti ampiamente attestati e da tempo nella documentazione nuragica (v. fig. 7: alfabeto nuragico con i segni interessati cerchiati in rosso).


Quindi la lettura, oltre a quella egiziana di 'Khonsu luna -sole' (12) ovvero di Khonsu NL dovrà essere fatta in base ai seguenti segni, letti come sempre dall'alto verso il basso e per primi quelli della faccia A e poi quelli della faccia B.














Cioè Khonsu o il nl 'ak immortale (nhs) lui (hê) è il testimone ('d) del lodare ('nh) la forza ('oz: il fallo o betilo) della luce (nl) di yh.
Pertanto, se la lettura delle due facce, come ci sembra, è corretta e i segni sono quelli da noi individuati e proposti per essa (pittogrammi, ideogrammi, lettere lineari, agglutinamento) ciò vuol dire che l'amuleto con l'immagine del dio egizio testimonia anche (e soprattutto) l'essenza e l'immagine del dio yh o yhwh che dir si voglia. Una volta analizzati gli attributi dell'uno risultano precisi a quelli dell'altro. La raffigurazione e la 'scrittura' del dio egizio Khonsu è anche espressione e 'scrittura' del dio nuragico yhwh. Insomma, l'uno vale per l'altro. L'uno testimonia l'altro.
Ci troviamo, in fondo, di fronte allo stesso dato iconografico sincretistico dello scarabeo amuleto mortuario del sito archeologico di Monte Sirai; con la differenza o variante che nello scarabeo il sincretismo interessa la divinità solareAmun (13) e cioè il padre di Khonsu.
Crediamo a questo punto che non possa sfuggire nessuno il dato comparativo, fondamentale ai fini ermeneutici, che nel caso di Nurdole è raffigurato nella faccia B un betilino o simbolo fallico - taurino con la scritta riguardante la divinità yh e che nello scarabeo di Monte Sirai è ugualmente raffigurato un betilino o obelisco fallico -taurino con una scritta riguardante sempre la divinità nuragica yh. C'è la stessa simbologia e la stessa scrittura yhwhistica nuragica in entrambi gli oggetti. Ma a ben vedere l'identità degli oggetti risulta quasi totale se si considera che in entrambi la scrittura è bipartita, iniziandosi con quella relativa alla divinità egizia per chiudersi con quella nuragica. I due oggetti si richiamano a vicenda e, benché trovati in luoghi molto distanti l'uno dall'altro, possiamo affermare che si mostrano frutto formale e stilistico di una medesima scuola scribale nuragica.
Restano, naturalmente, da trattare i (pochi) dati linguistici che, ancora una volta, sono molto semplici perché si trovano agevolmente con l'ausilio di un qualsiasi vocabolario di semitico antico e, in particolare, nel lessico del VT(14).
Saltiamo la voce composta nl/nr 'ak, la voce hē e la stessa voce 'olam delle quali abbiamo parlato altre volte diffusamente nel presentare i documenti nuragici (15) e soffermiamoci invece sulle parole 'd עד (testimone) e 'nh ענה(lodare, celebrare) che troviamo invece, per la prima volta, nella documentazione semitica nuragica.
La prima si trova in VT come riferita sia a persone che a cose: Dio (Gb, 16, 19) , uomo (Ger 32,10; Es 20, 16); 'mucchio di pietre' o 'altare' (Gn 31, 48; Gs 22,27).
La seconda ha riscontro, sempre nel VT, in Sal 119, 172, in Is 27, 2.




Conclusioni con qualche domandina.


Per il tutto esposto sopra sarà bene che il fenicio se lo scordi non solo il Madau ma lo dimentichino anche quelli della cosiddetta 'comunità scientifica che approva'. E il più presto possibile. Perché non solo questo chiaro documento, ma anche la stele di Nora è nuragica e non fenicia, anche l'amuleto di Nurdole di Orani è nuragico e non fenicio, anche i cocci di Orani sono nuragici e non fenici, anche il piombetto sigillo di Sant'Antioco è nuragico e non fenicio, anche il frammento di stele di Nora è nuragico e non fenicio, anche lo scarabeo del Nuraghe Sant'Imbenia di Alghero è nuragico e non fenicio, anche la barchetta di Teti è nuragica e non fenicia, anche l'anfora di S'arcu 'e is Forros è nuragica e non fenicio - filistea, anche il busto di divinità (pubblicato dal Barreca) è nuragico e non fenicio, anche la pietra di Aidomaggiore è nuragica e non fenicia, anche la scritta dell'architrave del Nuraghe Aiga di Abbasanta è nuragica e non fenicia, anche la scritta del coccio del Nuraghe Alvu di Pozzomaggiore è nuragica e non fenicia, anche la scritta della capanna di Perdu Pes è nuragica e non fenicia, anche la scritta della pietra di Terralba è nuragica e non fenicia, anche le diverse scritte, riportate dallo studioso Pietro Lutzu agli inizi del Novecento, sono nuragiche e non fenicie; e così via, procedendo per decine e decine di documenti. Tutti nuragici, autentici, autenticissimi. Nessun falso, proprio nessuno, nonostante la sciocca tiritera e la psicosi creata meschinamente in questi ultimi anni ad arte per il falso, per il 'tutto falso'. Per centinaia di oggetti falsi, tutti falsi a motivo del pullulare di decine e decine di laboratori di falsari sempre attivissimi e sparsi in tutta la Sardegna!
Detto ciò ci sembra che si debba fare qualche semplice domanda a tutti coloro che ci leggono e ci ascoltano. Sembra mai possibile che un oggetto, per altro di notevole precisione compositiva, possa riportare il volto del dioKhonsu con quegli occhi di cui uno è triangolare? Perché triangolare? Forse che l'iconografia di Khonsu, assai consistente tra l'altro, riporta degli occhi triangolari? L'occhio sinistro triangolare? Sembra mai possibile che uno studioso proceda con tale disinvoltura e non si chieda il perché di quella strana anomalia? Di quella vera e propria macroscopica bizzarria? E che non la denunci? Che non denunci al mondo degli egittologi un Khonsu inedito e ancor più 'mostruoso' del solito? Naturalmente pronti a ricrederci se così non fosse. Anche se il dato inedito nulla cambierebbe ai fini ermeneutici circa la voce resa dai singoli 'strani' grafemi 'significanti'
Ma passi pure l'incredibile svista, se svista c'è stata. Sono la paleografia e l'epigrafia mandate allo sbaraglio il dato sconcertante e l'aspetto davvero inquietante di quella pubblicazione. Infatti, ci chiediamo: come si fa ad affermare e a sostenere che nella faccia B, nel (manifesto) betilino, si trovano grafemi segni senza significato? E lasciamo perdere i 'pittogrammi' del supporto, lasciamo perdere il segno a 'V' per indicare l'ayin di ispirazione protocananaica, rara ma attestata oggi anche in documenti siro - palestinesi (16); lasciamo perdere il trattino orizzontale, attestatissimo invece nella scrittura nuragica (che non si vuole proprio guardare e considerare), come mostra la stessa barchetta di Teti. Lasciamo perdere tutto ciò. Ma come si fa a sproloquiare e a parlare di grafemi senza significato per le lettere nun eyod, lettere che si trovano in tutti, anche i più semplici, repertori con scrittura di tipologia cosiddetta 'protocananaica'? Quando si commenta un oggetto scritto (e che significa mai la parola 'grafema'?) c'è veramente consapevolezza, vera 'scienza' della 'comunità' o c'è solo faciloneria e pressapochismo individuali espressi al massimo grado?
Ora, come si è visto, l'esimio professore osa, dall'alto di non so quale scranno, parlare di bizzarrie per la presenza di YHWH e per 'tanto' altro ancora. Davvero sono bizzarrie e tante le nostre quando è il suddetto professore di Belle Arti che le mostra e tantissime, come quello che, pur avendo davanti agli occhi nel 'suo' documento la voce 'YH' ovvero YHWH, non è in grado di riconoscerla? Che parla di lingua e scrittura nuragica 'respinte' dalla 'comunità scientifica sarda' quando proprio quella scrittura e quella lingua ha sotto il naso e non ne avverte minimamente la presenza? Quando si dà il caso che proprio lui, se provvisto di capacità di giudizio e forte di un minimo di preparazione, dovrebbe essere il primo a difendere 'scientificamente' e quel lessico e quel codice di scrittura?
Cos'è allora che si deve respingere, esimio professore di Belle Arti? Cosa dovrebbe veramente respingere 'la comunità scientifica'? L'ignoranza e la supponenza, entrambe insopportabili, o un bellissimo ed importantissimo documento nuragico del Nuraghe Nurdole a rebus, con evidentissimo sincretismo religioso sardo -egizio, che denuncia, insieme ai tantissimi altri che si sono citati di sopra, tutta quella ignoranza (tragicomica ignoranza), e tutta quella assurda supponenza? Davvero, davvero lei è autorizzato a parlare anche a nome di altri e a fare addirittura appelli a nome della 'comunità' scientifica? E ricorrendo ancora (17) a delle insinuazioni? Ma come si permette!


                          
Note ed indicazioni bibliografiche

1. La Nuova Sardegna del 24 febbraio 2015. La polemica. La Sardegna all'EXPO. M. Madau. Davvero siamo figli dei'tori della luce'? Esso fa seguito all'articolo del 11 Febbraio del giornalista Luciano Piras della Nuova Sardegna dal titolo Gli Istentales all'EXPO cantano in nuragico. Monte 'e Prama sarà la colonna sonora della Sardegna. Un inedito in lingua arcaica dedicato ai Giganti di Cabras. Al Madau, sempre nello stesso giornale. replica il 25 febbraio il cantante Gigi Sanna degli Istentales con l'articolo intitolato 'Porteremo all' EXPO i segni dell'Identità'
2. Madau, 2015, Davvero siamo figli, ecc. cit.
3. Sanna G., La stele di Nora. Il Dio, il Dono, il Santo. The God, the Gift, the Saint (trad. in lingua inglese di Aba Losi), PTM ed. Mogoro, cap. 3.5 pp. 113 -115.
4. Madau, 2015, Davvero siamo figli, ecc. cit.
5. L'amuleto, in faӳence, è di dimensioni molto piccole (h. cm 2,1). Da ciò si capisce quanto piccoli sino anche i segni alfabetici in essa contenuti. Ma la precisione e la chiarezza di essi di essi in tutto l'oggetto confermano la solita grande capacità manuale degli scribi nuragici nel saper organizzare e scrivere non pochi segni e talvolta numerosissimi in spazi o campi scrittori di pochissimi centimetri. Si vedano a tal proposito, oltre ai quattro notissimi sigilli cerimoniali di Tzricotu di Cabras, l'anello di Pallosu di San Vero Milis (Sanna G., Sardōa grammata. 'g 'ab sa'an yhwh Il dio unico del popolo nuragico, S'Alvure ed. Oristano, 6.10, pp. 293 -298), il coccio con scrittura cuneiforme di tipologia ugaritica e protocananaica di Sa serra 'e sa Fruca di Mogoro (Sanna G., 2011, Yhwh e la scrittura nuragica: il log e il recipiente biblico del rito dei Leviti per la purificazione; in gianfrancopintore blogspot.com (25 novembre).
6. I minuscoli segni (v. nota precedente), disposti verticalmente, richiamano perfettamente quelli dell'obelisco dello scarabeo della tomba di Monte Sirai. V. Atropa Belladonna (Aba Losi) 2013, Gli scarabei sigillo della Sardegna e la scrittura segreta del Dio nascosto, in monteprama blogspot.com (ottobre 2013).
7. Il codice, con ogni probabilità, prese le mosse prima del XVI secolo a.C. e durò, senza soluzione di continuità, sino all'età imperiale romana. Alcuni ritrovamenti (un documento nuragico dell'Antiquarium arborense di Oristano, ritenuto erroneamente scritto in ebraico, è datato dagli archeologi al II -III secolo d.C.!) fanno ipotizzare un abbandono lentissimo del codice, in quanto esso rimase ancora vivo per usi soprattutto funerari.
8. Khonsu, dio egizio, faceva parte della famosa triade tebana. Era figlio di Amun, dio del sole e di Mut. V. Tosi M., 2004, Dizionario enciclopedico delle divinità dell'antico Egitto - Ananke, Torino. Come si vedrà più avanti il dio luminoso egizio è paragonato al nuragico YHWH. Ciò è molto importante perché, con ogni probabilità, alcune delle qualità certe di Khonsu (l'essere donatore di vita, taumaturgo, dio oracolare, dio della verità e della giustizia, psicopompo) tendono ad illuminare quelle di YHWH, divinità cananaica e non ancora israelitica. Le qualità luminose di Amun Ra, ovvero del padre Sole, ovviamente sono anche quelle del figlio.
9. I dati scientifici sui 'segni' della scrittura nuragica sono inoppugnabili in quanto essi nascono dal confronto e da riscontri continui tra i 250 documenti sinora rinvenuti e riconosciuti in Sardegna. Si consideri inoltre che il confronto, soprattutto per quanto riguarda il codice e la tipologia di scrittura cosiddetta 'protocananaica', si estende anche a non pochi documenti rinvenuti in Siria -Palestina. Strumento indispensabile per orientarsi sul sistema complesso e a rebus ideato e sempre mantenuto dagli scribi nuragici è la cosiddetta Griglia di Sassari da noi realizzata e comunicata durante il Convegno di Studi del 2011 nella Facoltà di Medicina dell'Ateneo Turritano (Interpretare i linguaggi della mente. Percorsi tra neuroscienze cognitive, paleoneurologia, paleogenetica, epigrafia e archeologia). Detta comunicazione si trova oggi (in sintesi) in Monti Prama, Rivista semestrale di cultura di Quaderni Oristanesi: Sanna G. 2011, Scrittura nuragica: ecco il sistema. Forse unico nella storia della scrittura, PTM ed. Mogoro, pp. 25 - 38.
10. Sanna G, 2004, Sardōa grammata, cit., passim. In part. 14, pp. 555 – 558. Dal 2004 però sono venuti alla luce altri documenti attestanti, anche con maggior chiarezza, la presenza della voce di matrice indoeuropea e non semitica. Si vedano a tal proposito in particolare la barchetta fittile di Teti, la pietra di Terralba e il coccio del Nuraghe Alvu di Pozzomaggiore (v. Sanna G. 2009, Buon Natale da Teti: NuR Hē ’AK Hē ’ABa Hē; in gianfrancopintore blogspot.com (17 dicembre); oggi in monteprama blog (9 dicembre 2013); idem, 2012, Ed ecco finalmente la parola "Nuraghe". In una scritta a Terralba; in gianfrancopintore blogspot.com

(4 luglio); idem, 2010, Il documento in ceramica di Pozzomaggiore; in Melis L, Genesi degli Urjm, pp. 153 -168.

11.M. Guirguis, S. Enzo, G. Piga, (2009), Scarabei dalla necropoli fenicia e punica di Monte Sirai. Studio crono-tipologico e archeometrico dei reperti rinvenuti tra il 2005 e il 2007, in Sardinia, Corsica et Baleares Antiquae, 7, pp. 101-116; Atropa Belladonna (Aba Losi) 2013, Gli scarabei sigillo della Sardegna, cit.
12. Khonsu è considerato comunemente dio della luna. Ma risulta evidente, come si è detto sopra, che essendo egli figlio del Sole Amun RA goda anche delle prerogative che sono proprie del padre.
13.V. ancora Atropa Belladonna (Aba Losi) 2013, Gli scarabei sigillo dellaSardegna, cit.
14. Ciò è dovuto al fatto che la scrittura e la lingua nuragica registrano il dato di un testo religioso redatto in lingua colta semitica anteriore a quello fatto proprio e poi 'purgato' e/o interpolato dagli israeliti. Infatti, nel V.T. scompaiono o tendono a scomparire le caratterizzazioni marcatamente sessuali del dio (fallo e vulva) e cioè l' androginia, quelle astrali (sole -luna), quelle zoomorfe (toro, uccello, serpente), quelle di una divinità oracolare, ecc.
15. Per quest'ultima si vedano, ad esempio, Sanna G, 2012, Croci o svastiche?Filistei o Nuragici? Una brocchetta nuragica per chiudere definitivamente ildiscorso (parte III); in monteprama blogspot.com (7 dicembre); Sanna G., Desogus C., Scalas R. 2014, Buon Natale da Selargius. Cos'è la cosiddetta Tanit? Lospiega un coccio-tavoletta nuragica di 'Su Pranu'; in monteprama blogspot.com (21 dicembre).
16. Sanna G., 2010, Una freccia quasi ŠaRDaN? O addirittura ŠaRDaN? ; in gianfrancopintore blogspot. com (30 giugno).

17. Circa la recidività e le assurde insinuazioni sui falsi e i 'nuovi' falsari del Madau si veda La nuova Sardegna del 29 aprile 2013: Lingua ecultura, l'identità tradita dai nuovi falsari. Dalla scrittura nuragica al mito di Atlantide. L'archeologia diventa un campo a rischio.