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giovedì 28 novembre 2019

I SEGUACI DI HORUS, GLI ANTICHI SACERDOTI DI ATLANTIDE

I SEGUACI DI HORUS, GLI ANTICHI SACERDOTI DI ATLANTIDE




Molti ricercatori indipendenti hanno sviluppato negli ultimi decenni diverse teorie in base alle quali vi sarebbe un filo rosso che unirebbe Atlantide con l’antico Egitto. In seguito al cataclisma che distrusse Atlantide, molti dei suoi abitanti, compresi i “seguaci di Horus”, ovvero i sacerdoti che custodivano l’antico sapere, si stanziarono successivamente in quella che sarebbe diventata la terra dei faraoni.

Da migliaia di anni, le piramidi e la Sfinge si ergono verso il cielo dall’arido altopiano di Giza e sembrano racchiudere in sé l’enigmatico messaggio di epoche lontane, che da sempre esercita il suo fascino su chi, arrivato come turista, se ne allontana con la sensazione che siano la testimonianza di un qualcosa di essenziale che il mondo moderno ha ormai perduto. Ma che cosa sia esattamente, nessuno riesce a spiegarlo.

All’inizio degli anni novanta del secolo scorso, una violenta polemica scosse il mondo dell’egittologia: studiosi come John Anthony West, Robert Bauval, Adrian Gilbert, Graham Hancock e Colin Wilson ne hanno ampiamente parlato nelle loro opere, lanciando una vera e propria bomba contro l’establishment archeologico. La loro storia è piena di pathos, avvincente e spesso assurda. Comincia così: “C’era una volta un continente che si chiamava Atlantide“.

Gli autori ci spiegano che il continente perduto era il centro di un vastissimo impero marittimo, che possedeva una religione misterica e avanzatissime conoscenze scientifiche; ma, contrariamente al solito, essi lo collocano non al di là dello stretto di Gibilterra, ma molto più a sud, nell’attuale Antartide, spiegandoci che, più di 16.000 anni fa, era libera dai ghiacci e aveva un clima simile a quello dell’attuale Canada.

In seguito ad una serie di cataclismi geologici, e alla deriva dei continenti, la posizione dei poli cambiò: il continente meridionale si spostò nella sua attuale posizione polare coprendosi di ghiacci perenni e Atlantide scomparve sotto tre chilometri di neve e di ghiaccio. Durante le ultime fasi di quella spaventosa calamità, nel XIV millennio a.C., la popolazione sopravvissuta abbandonò il sud della Terra e si sparse per tutto il globo.

Tra loro c’erano gli iniziati ai misteri, i depositari del sapere tecnologico, religioso e scientifico di Atlantide. Una parte di essi, che i testi più tardi chiamano “seguaci di Horus”, si stabilirono in Egitto e fondarono un centro di culto a Giza. Temendo nuove catastrofi, si dedicarono alla costruzione di luoghi dove conservare per sempre gli insegnamenti segreti. Idearono un metodo per inserire i principi della loro fede nella geometria degli edifici che stavano costruendo, che dovevano essere tanto solidi da sopravvivere a qualunque disastro; così, anche se le scuole iniziatiche fossero andate distrutte, le civiltà successive sarebbero state in grado di capire i loro segreti decifrando i segni nascosti negli schemi geometrici di quegli edifici. In tal modo il loro messaggio poteva conservarsi nel tempo e sarebbe stato recepito dalle generazioni future.

Gli iniziati di Atlantide costruirono la Sfinge e progettarono la planimetria di Giza. Non si sa se abbiano costruito anche le attuali strutture o soltanto tramandato il progetto alle generazioni successive. Comunque sia, 8.000 anni dopo, nel 2.500 a.C., le piramidi vennero costruite in base a quegli antichi calcoli. Sin dall’inizio, Giza e i suoi segreti vennero protetti dai “seguaci di Horus”, i sacerdoti-astronomi le cui conoscenze erano considerate talmente avanzate che, 8.000 anni dopo, i faraoni non osarono cambiare nulla del complesso progetto di Giza.

Ecco cosa scrivono in proposito Hancock e Bauval: “Le prove a nostra disposizione fanno pensare che ci sia stata, attraverso i secoli, una trasmissione ininterrotta delle avanzate conoscenze in campo scientifico e ingegneristico, e che in Egitto abbia risieduto, dal Paleolitico sino all’epoca dinastica, una comunità di individui illuminati e con una vasta cultura: probabilmente i misteriosi akhus le cui conoscenze, ci dicono i testi, erano di origine divina“.

Per i due autori il complesso di Giza è il centro sacro dell’Egitto, se non del mondo. Così sacro che nemmeno una delle sue parti ha subito cambiamenti, nonostante siano trascorse migliaia di anni. È un testo straordinario: un’avventura suggestiva piena di idee originali, di scoperte singolari, di intuizioni inaspettate, che lancia una serie di sfide ad alcune delle figure più stimate nel campo dell’egittologia.

Hancock e Bauval sono profondamente anti-establishment: nel loro libro non mancano di sottolineare come le prove antitetiche vengano continuamente confutate; l’accesso ai siti archeologici interdetto; i permessi per compiere ulteriori ricerche negati; i reperti anomali smarriti; e, in breve, quanto il mondo accademico disprezzi qualunque spiegazione alternativa a quella ufficialmente accettata.


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martedì 15 settembre 2015

ATLANTIDE MEMORIE DI UN CONTINENTE PERDUTO

L’esistenza del mitico continente di Atlantide continua ad essere uno degli enigmi più appassionanti della storia. Comparsa per la prima volta nelle opere di Platone, Atlantide viene descritta come una civiltà altamente evoluta ed organizzata benché negli ultimi tempi i suoi abitanti furono corrotti dall’eccesso di avidità e dall’amore per le cose materiali.


Abitanti di Atlantide

A migliaia di anni di distanza dal giorno in cui sarebbe sprofondato negli oscuri abissi dell’Oceano Atlantico, il continente di Atlantide continua ad essere uno degli enigmi più appassionanti della storia. Semmai è esistita,Atlantide fu una civiltà che non ha avuto eguali. Eppure, secondo i suoi cronisti, sarebbe svanita in un attimo senza lasciare traccia.


Il racconto più antico e più esauriente dell’ascesa e della rovina di questa grande isola risale al IV secolo a.C. ed è opera del filosofo greco Platone. Secondo la sua descrizione, Atlantide era un territorio dove gli animali, compresa “la specie degli elefanti”, abbondavano e dove abili agricoltori avevano creato frutteti profumati. Nella capitale non si contavano i palazzi signorili, di uno splendore superato soltanto dal palazzo del re e dal vicino tempio eretto in onore di Poseidone. Ma né l’oro né la gloria risparmiarono agli abitanti di Atlantide un tragico destino. Il loro crescente materialismo suscitò le ire degli dei e l’intera civiltà si condannò ad una fine drammatica e prematura.

Come detto, tra le meraviglie dell’Atlantide di Platone primeggiava il grande palazzo reale. Costruito al centro della capitale e circondato da tre canali, la residenza dei re si apriva su un cortile dove si innalzava il tempio di Poseidone. Il palazzo era stato eretto da Atlante, primogenito di Poseidone e primo re diAtlantide, ma i sovrani successivi non si accontentarono di lasciare intatta questa reggia.

Ogni sovrano riceveva in eredità il palazzo dal suo predecessore” scrive Platone“e lo adornava a sua volta, come già l’altro aveva fatto, cercando di superarlo, finché non resero il palazzo meraviglioso a vedersi per la bellezza e la grandiosità dell’insieme”. I visitatori entravano da un grande viale, che superava i tre canali, attraverso portali che si aprivano un varco nelle mura di ottone, di stagno e in mura più interne di rame “dai riflessi di fuoco”.

Nella cerchia di queste mura si trovavano le dimore dell’aristocrazia: palazzi di pietra bianca, nera e rossa, estratta dalla roccia. Uno splendore ineffabile regnava dappertutto. “Le ricchezze che possedevano” scrive Platone dei monarchi diAtlantide “erano tali che non se ne erano mai viste di simili in nessuna dimora reale e mai se ne vedranno”.

Il centro spirituale di Atlantide era il tempio di Poseidone dove tra l’altro i governanti si riunivano per tramandare le leggi. Circondato da mura d’oro, esternamente il tempio era, secondo Platone, “tutto rivestito d’argento, eccetto gli alti pinnacoli del tetto, che erano d’oro. Nell’interno il soffitto era d’avorio variegato d’oro, d’argento e di rame”. Nel cortile centrale del tempio si ergeva una gigantesca statua d’oro di Poseidone alla guida di sei destrieri alati.

Il monarca di Atlantide e i suoi nove fratelli, principi delle altre nove provincie, si riunivano ogni cinque o sei anni in questo maestoso salone. Sacrificato un toro agli dei, i sovrani si raccoglievano intorno ad un braciere e pronunciavano giudizi, trascrivendoli su una tavola d’oro. Grazie al buon governo gli atlantidei vivevano in armonia. “Per molte generazioni” scrive Platone “i loro cuori furono nobili e puri e si comportarono con grande clemenza e saggezza”.

Al culmine della sua gloria, 9.200 anni prima della nascita di Platone, l’impero diAtlantide dominava su quasi tutto il Mediterraneo. Gli atlantidei erano all’apice della bellezza e della felicità. Eppure, scrive Platone, erano “tutti gonfi di sfrenata avidità e potenza”. Il lusso nel quale vivevano aveva avuto come conseguenza che gli atlantidei ormai sapevano apprezzare solo la ricchezza materiale. “L’elemento divino in loro si andava estinguendo, perché sempre più mescolato all’elemento mortale”.

Gli atlantidei, incapaci di portare il fardello delle loro ricchezze, avevano smarrito ogni virtù. E ora stavano radunando eserciti per conquistare Atene e l’Oriente. MaZeus, il dio supremo, intervenne con un tremendo castigo. “Si scatenarono spaventosi terremoti e cataclismi ed in un solo giorno, in una sola notte, l’isola di Atlantide si inabissò e scomparve”. Platone dubitava che si sarebbero trovate tracce della terra andata perduta. “L’oceano in quel punto” scrive “è ancora oggi difficile alla navigazione ed inesplorabile”.




fonte

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