venerdì 30 agosto 2013

Maria di Magdala sposò o no Gesù, cioè il capo-banda Giovanni di Giuda il Galileo?

Maria di Magdala sposò o no Gesù, cioè il capo-banda Giovanni di Giuda il Galileo?



Favole, leggende manipolate e storia: come orizzontarsi? Per rispondere alla domanda su Maria di Magdala e Gesù che si pone ogni lettore del Codice da Vinci di Dan Brown, bisogna considerare altre due persone, Lazzaro e Menahem, coinvolte in questo matrimonio sia dai Testi Sacri che dai libri storici. Nei Vangeli si legge che Gesù era il maestro di una squadra formata da dodici discepoli, che Maria di Magdala era colei che a Betania gli aveva lavato i piedi e che Lazzaro era fratello di Maria di Magdala, nonché figlio di Giairo (v. miracolo della resurrezione: Mt. 9,18; Mc. 5,11; Lc. 8,4; Gv. 11).

Dai testi storici risulta che Gesù è stato costruito sulla figura di Giovanni di Gamala, figlio primogenito di Giuda il Galileo e capo di una banda di rivoluzionari ("Bohanerges"). Dalla Guerra Giudaica di Giuseppe Flavio veniamo inoltre a sapere che Lazzaro, figlio di Giairo, era legato da vincoli di parentela con Menahem, figlio di Giuda il Galileo. Sarà da questa parentela di cui ci parla Giuseppe Flavio, che potremo, oltreché confermare l’esistenza del matrimonio, trarre anche un’ulteriore prova della non esistenza storica di Gesù. Infatti questa parentela risulterebbe incomprensibile se lo sposo fosse veramente figlio di Giuseppe, e non di Giuda il Galileo, come risulta dalle innumerevoli affermazioni che ci vengono dai testi storici.

Menahem e Lazzaro, quali fratelli dei due coniugi, l’uno dell’uomo e l’altro della donna, ci confermano con la loro parentela di cognati che il matrimonio esisteva e che lo sposo era il primogenito di Giuda il Galileo. Che Gesù, alias Giovanni di Gamala, fosse marito di Maria di Magdala ci viene ancora confermato da altri documenti che si riferiscono a quella banda dei Bohanerges, poi trasformata nei Vangeli in una squadra di discepoli predicatori di pace.

Dal "Vangelo di Filippo" ritrovato in Egitto nel 1945 durante ricerche archeologiche: "Maria, che era la consorte del Signore, andava sempre con lui. Il Signore amava Maria di Magdala più degli altri discepoli e spesso la baciava davanti a tutti sulla bocca". Nel papiro 8502 di Berlino, detto "Vangelo di Maria", si parla della gelosia e del risentimento che gli altri discepoli, e soprattutto Simone, provavano per la predilezione che il Signore riservava a Maria: "Ha forse il Signore parlato in segreto alla sua donna prima che a noi senza farlo apertamente? - è Simone, altro figlio di Giuda il Galileo, che parla - Ci dobbiamo umiliare tutti e sottoporci a lei? Forse egli l’ha anteposta a noi?"Dal vangelo copto viene riportata un’altra contestazione di Pietro contro Maria di Magdala: "Simone, detto Pietro, disse agli altri accoliti: "Maria deve andare via da noi perché le femmine non sono degne della vita". E il Signore, avendolo sentito, si rivolse a loro dicendo: "Ecco, io la guiderò da farne un maschio, affinché diventi una combattente come noi".

Soltanto il disprezzo che dimostra Simone verso le donne dicendo che non sono degne di vita, sarebbe già di per sé sufficiente per dimostrare che abbiamo davanti una banda di rivoltosi giudaici seguaci delle leggi Mosaiche nella forma più estremista.   A questo punto, penso che non sia troppo avventato supporre che tra i presenti a quella cena di Pasqua che precedette la rivolta, ci fosse anche lei, Maria di Magdala, quale moglie di Giovanni di Gamala e membro attivo combattente della banda dei Bohanerghes. Così scrivevo nel libro "Favola di Cristo", uscito nel 2002, quando ancora nessuno aveva scoperto che nell’Ultima cena di Leonardo da Vinci si nascondesse il volto di una donna in quello del discepolo Giovanni. Discepolo che, in realtà, non c’era, non poteva esserci, perché il vero apostolo amato da Gesù era Lazzaro.

sabato 24 agosto 2013

Gesù? Mai esistito. La sua vita copiata dal rivoltoso Giovanni di Gamala.

Il cristologo Cascioli: Gesù? Mai esistito. La sua vita copiata dal rivoltoso Giovanni di Gamala.

salon-voltaire
Luigi Cascioli


"La Storia ha insegnato quanto ci abbia giovato quella favola su Cristo" (Historia docuit quantum nos iuvasse illa de Christo fabula), avrebbe scritto papa Leone X in una lettera a Luigi, fratello del Cardinale Bembo. Una frase drammaticamente cinica, ma fondata, a quanto pare. Che cosa c’è dietro quest’incredibile ammissione, forse data per scontata da secoli tra gli altissimi “addetti ai lavori” della Chiesa, dell’assoluta mancanza di prove storiche della reale esistenza in vita di Gesù?
Ebbene, un cristologo davvero fuori del comune si è messo in testa di capire e di analizzare le Sacre Scritture solo in base alla logica, alla ragione, all'intelligenza. Ha studiato per decenni sulla scorta di tutti i documenti possibili e di una stringente razionalità quanto fosse vera quella cinica frase papale. Ed ha scoperto un vaso di Pandora: manomissioni di testi, sostituzioni di personaggi storici, pure e semplici invenzioni, e ogni altro genere di imbrogli che stanno dietro alla “creazione” del personaggio storico Gesù o Joshua, ebreo di Nazareth.
Quest’uomo è Luigi Cascioli, nato a Bagnoregio (Viterbo) nel 1934, bella figura di uomo onesto, idealista, laico, libero pensatore e anticlericale, scomparso ieri a Roccalvecce all’età di 76 anni. Il suo libro “La favola di Cristo”, bel dono che ci lascia in eredità, è l’unico che dimostra effettivamente, con centinaia di documenti, compresi i manoscritti di Kimberth Qumran (1947) e le cronache di storici come Giuseppe Flavio, Filone Alessandrino, Plinio il Vecchio e altri, che tale personaggio semplicemente non è mai esistito. Fu inventato a posteriori dai Padri di una Chiesa ormai dominante che non aveva più motivo per essere insieme rivoluzionaria e spiritualista, ma aveva bisogno di un mito più “terreno”, di un personaggio in carne ed ossa da dare in pasto ai fedeli, e anche d’un eroe “buonista” e non-violento.
Secondo la ricostruzione di Cascioli, si dovette, perciò, creare dal nulla un “Dio in Terra”, confezionando su misura una nascita plausibile – anche se miracolistica, avventurosa e troppo simile a quelle di tanti altri Dei-quasi-uomini dell'epoca – efficace pendant al “Dio nel cielo” che ormai aveva avuto successo. Pare infatti che prima di questa “creazione” biografica, Gesù fosse stato proposto come “disceso dal cielo all’età di 30 anni”. I sapienti cristiani provvidero, perciò a creare dal nulla, ma anche ad adattare, interpolare e falsificare documenti preesistenti.
Nell’affascinante e stringente ricostruzione di Luigi Cascioli si scopre così che la figura del Gesù "inventato" a posteriori, molti decenni dopo la data stabilita per la sua nascita (poi, guarda caso, fatta coincidere per assicurarsi il successo popolare con le festività dei Saturnalia e del Sole Invitto alla fine di dicembre, come il dio Mitra e tanti altri) coincide in modo impressionante con quella di un certo Giovanni di Gamala (villaggio della regione del Golan), figlio di Giuda il Galileo e nipote del rabbino Ezechia, a sua volta discendente della stirpe degli Asmonei fondata da Simone, figlio di Mattia il Maccabeo.
Quello che scandalizza fin dall’inizio è che si tratta non di un nazareno, cioè d’un abitante di Nazareth, come vorrebbe la Chiesa, ma di un “nazareo”, nel significato proprio del termine: un rivoluzionario, uno zelota. Dunque, un violento. I discepoli cercarono in seguito di far derivare l’appellativo da Nazareth – è l'accusa – per confondere le acque. Ma dai Vangeli si vede che Nazareth è in cima a un monte e vicina al Lago di Tiberiade, mentre la vera Nazareth è in collina e dista quaranta chilometri dal lago. Possibile che tanti Padri della Chiesa, tanti intellettuali cristiani, non se ne siano accorti? La città di Gamala, invece, corrisponde perfettamente alla descrizione evangelica, stranamente sfuggita alla censura lessicale e alla omologazione dei Vangeli ufficiali.
Dunque questo Giovanni di Gamala, alias Gesù – secondo la stringente ricostruzione di Cascioli – era un fanatico rivoluzionario capo-banda degli Zeloti, vicini agli Esseni (quelli dei rotoli di Qumram), setta di banditi rivoluzionari ebrei armati (oggi li definiremmo terroristi) che si opponevano all’occupazione dei Romani con ogni mezzo, uccidevano senza pietà anche donne e bambini. I cosiddetti discepoli erano in realtà i capi banda di tale movimento politico-militare. Lo scopo era evidentemente quello di cacciare i Romani e di instaurare un Regno di Israele con a capo un re del partito zelota, cioè il Giovanni di Gamala-Gesù. Non per caso ironicamente definito dai soldati romani nella famosa targhetta sulla croce (INRI) “Rex Judeorum”. In realtà, più correttamente, era un pretendente, un candidato al Regno.
Nonostante le censure di un passato così imbarazzante, altre tracce eloquenti sono restate per errore nei Vangeli. Come l’episodio dei “discepoli” armati di spade all’Orto dei Getsemani, così non-violenti che uno di loro taglia di netto un orecchio ad un soldato. Naturalmente, erano duramente osteggiati anche dagli Ebrei. Praticavano il battesimo (Giovanni Battista), la comunione dei beni e vivevano secondo riti monastici sotto la guida dei Nazir o Nazirei o Nazareni. Siamo nel periodo delle Guerre Giudaiche.
D’altra parte, tutto torna storicamente: il padre di Giovanni da Gamala-Gesù era Giuda il Galileo, personaggio realmente esistito citato dallo storico ebreo Giuseppe Flavio (che invece non cita Gesù), fondatore del movimento ribellistico zelota, ucciso durante una rivolta antiromana. E Giovanni-Gesù aveva, guarda caso, tre fratelli chiamati Giacomo, Simone e Kefas (ossia Pietro), come i principali apostoli. Giovanni di Gamala costituì con essi una banda armata in rivolta contro l'occupazione romana. Gli apostoli sarebbero stati in realtà dei guerriglieri, accoliti del movimento zelota e chiamati banda dei Boanerghes. Come se non bastasse, Giuda Iscariota deriverebbe il suo appellativo da sicario, mentre Simone zelota denuncerebbe l'appartenenza alla setta zelota. I soldati Romani davano loro la caccia, ma quelli affrontavano con gioia il patibolo o la croce nella certezza di avere come ricompensa dopo la morte una vita eterna di beatitudine, un po' come oggi i terroristi dell’Islam. Finché quel Giovanni-Gesù fu catturato nell'orto del Getsemani e crocifisso.
Lo storico ebreo Giuseppe Flavio ci ha dato nella “Guerra giudaica” una preziosa informazione sull’esistenza di un rivoluzionario carismatico la cui figura si attaglia perfettamente a quella di Gesù. E due vicende simili in così poco spazio di tempo sarebbero impossibili. Dunque, per Giuseppe Flavio si trattava d’un « falso profeta egiziano. Arrivò infatti nel paese un ciarlatano che, guadagnatasi la fama di profeta, raccolse una turba di circa trentamila individui che s’erano lasciati abbindolare da lui, li guidò dal deserto al monte detto degli ulivi e di lì si preparava a piombare in forze su Gerusalemme, a battere la guarnigione romana e a farsi signore del popolo con l’aiuto dei suoi seguaci in armi. Felice prevenne il suo attacco affrontandolo con i soldati romani, e tutto il popolo collaborò alla difesa sì che, avvenuto lo scontro, l’egizio riuscì a scampare con alcuni pochi, la maggior parte dei suoi seguaci furono catturati o uccisi mentre tutti gli altri si dispersero rintanandosi ognuno nel suo paese. » (II, 13, 5)
Molte rivolte e azioni violente i primi Cristiani le organizzarono anche a Roma, dove a detta degli storici romani erano considerati come terroristi e banditi rivoluzionari. Però, come capita a tutti i rivoluzionari, decenni dopo, una volta al potere, furono gli stessi capi della Chiesa che cancellarono ogni riferimento alle imbarazzanti origini rivoluzionarie e violente del loro movimento.
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"Dopo le prove fornite dalla “Favola di Cristo” sulla non esistenza di Gesù, come si può ancora credere che i racconti riportati sui Vangeli, pieni di contraddizioni e grossolanità, siano la biografia di un personaggio storico? Seguendo una fede cieca molti cristiani preferiscono mettere l'accento sul “simbolismo” contenuto nei testi. [E forse lo stesso papa Leone X sopra citato era tra questi. NdR]. Quindi, in teoria è possibilissimo – deduciamo noi – che siano esistiti addirittura papi e cardinali che sapevano della non esistenza storica di Gesù, ma hanno taciuto o per paura dello scandalo indicile (e del rischio di essere deposti come pazzi), o rifugiandosi del carattere analogico, simbolico delle Sacre Scritture. Come per le “verità scientifiche” dell’Antico Testamento (la Bibbia). Ma se tutto è simbolico – conclude Johannès Robyn, presidente dell'Unione degli Atei di Francia – che cosa resta del personaggio?" Di un personaggio-Dio, aggiungiamo, dal cui nome deriva la parola e la fortuna del Cristianesimo.
Complemento efficace al lavoro di Cascioli è la minuziosa e filologica ricostruzione
 storica di Marco Guido Corsini, secondo il quale sarebbe fondata l'origine egiziana del capopopolo sedicente Messia. Il suo sito offre per certi punti una ricostruzione di Gesù come rivoluzionario ebreo “egiziano”. Gli indizi e le concordanze coi documenti storici sono affascinanti, così come inquietanti i tentativi della prima Chiesa di cancellarli, a partire dai Vangeli.
La Chiesa cattolica, in risposta, appare molto meno scandalizzata di quanto noi laici potremmo immaginare. Un tempo avrebbe mandato a morte l’incredulo. Oggi semplicemente obietta che neanche su Giovanni di Gamala, ci sono sicure fonti storiche, e che quindi contrapposta alla "favola di Cristo" c'è solo la "favola di Cascioli".
In quanto al libro “La favola di Cristo”, si può aggiungere che è molto avvincente, strutturato come un "giallo" storico "scientifico", e si rivela una miniera di impressionanti notizie concatenate tra loro. Un vero puzzle nel quale i vari tasselli vanno a incastrarsi in modo apparentemente perfetto. Se ne consiglia la lettura. Può essere acquistato presso la famiglia dell’autore, insieme agli altri suoi libri.
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Il giorno dopo la scomparsa di Luigi Cascioli, riteniamo che questo ricordo possa essere l’omaggio più giusto a lui dovuto. Fu un grande uomo. Grazie alla sua tenacia, al rigore razionale, e all’erudizione di questo studioso coraggioso, profondo conoscitore dei testi dei Vangeli e della Bibbia, che proprio lui ha dimostrato essere stata scritta in tempi molto più recenti di quanto racconta la leggenda. A lui va il nostro ricordo e la nostra ammirazione.
Sui rapporti tra Maria di Magdala e Giovanni, il capo-banda zelota (oggi diremmo fondamentalista e rivoluzionario ebreo, seguace della più stretta legge mosaica) su cui la Chiesa modellò secoli dopo la vita del personaggio inventato Joshua, alias Gesù, SalonVoltaire ha ospitato un interessante articolo di Luigi Cascioli.
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.IN MEMORIA DI LUIGI CASCIOLI
di Peter Boom
Luigi Cascioli, nato il 16 febbraio 1934 a Bagnoregio (VT) è deceduto ieri nella sua casa di Roccalvecce (VT), e con lui abbiamo perso un appassionato ed erudito storico, specializzato soprattutto nel primo periodo cristiano.
Aveva scritto e pubblicato tre libri "La favola di Cristo" (inconfutabile dimostrazione della non esistenza di Gesù), "La morte di Cristo" e "La statua nel viale", dei quali sono stati stampati versioni in diverse lingue.
Attraverso approfonditi studi aveva dimostrato che Cristo non era mai esistito ed aveva a proposito denunciato la Chiesa Cattolica, nella persona di Don Enrico Righi, parroco-rettore della ex.Diocesi di Bagnoregio per abuso della credulità popolare (Art. 661 C.P.) e per sostituzione di persona (Art. 494 C.P.).
Ateo convinto, Luigi Cascioli (http://www.luigicascioli.eu) aveva voluto attaccare il cristianesimo con questa denuncia contro la Chiesa Cattolica, sostenitrice di un'impostura costruita su falsi documenti, quali la Bibbia ed i Vangeli, che aveva imposto con la violenza dell'inquisizione e con il plagio ottenuto con l'esorcismo, il satanismo ed altre superstizioni. Ultimamente Luigi Cascioli stava preparando un nuovo libro riguardante Fatima, da lui denominato altro grande imbroglio superstizioso-finanziario.
Luigi Cascioli, un uomo coraggioso, fino all'ultimo sulla breccia per divulgare le Sue idee, le Sue tesi storiche, delle quali si parlerà ancora a lungo.
Il Libero Pensiero vola ben oltre la morte terrena e questa consapevolezza ci dà la forza di esporre sempre con grande apertura mentale e la massima onestà le nostre idee. Non abbiamo dogmi e sappiamo tutti di poter sbagliare, ma siamo ben convinti che non si possa imbrigliare il nostro pensiero. Di questo fu grande testimone il filosofo Giordano Bruno, immolato dopo atroci torture sul rogo dall'Inquisizione cattolica. Oggi il rogo o la pena di morte, almeno nei paesi di civiltà occidentale non esiste quasi più, ma altri metodi perniciosi per bloccare il Libero Pensiero persistono, bloccando l'informazione su certe idee, frutto di lunghi studi, come quella di Luigi Cascioli sulla non esistenza di Gesù. 

lunedì 19 agosto 2013

La lezione arriva dell'Ecuador un fiume può fermare gli speculatori

...non possiamo che condividere il punto di vista di un paese come l'Ecuador che da costituzionalmente diritto di inviolabilità a "Gaia" la terra su cui viviamo e siamo ospiti


Sa Defenza



La lezione arriva dell'Ecuador
un fiume può fermare gli speculatori

Mari Margil, avvocato e attivista ambientalista statunitense, spiega come ha aiutato lo stato latinoamericano a introdurre nella Costituzione i "diritti della Madre Terra"

Il Vilcabamba, in Ecuador, è stato il primo fiume a vincere
da parte civile una causa in tribunale 


di VALERIO GUALERZIrepubblica.it/


- A quasi settant'anni dalla dichiarazione universale dei diritti dell'uomo è giunto il momento di pensare di estendere le tutele anche a tutto ciò che rende possibile la vita degli uomini: la natura. Un primo importante passo lungo questa strada è stato compiuto dall'Ecuador che nel 2008, con un referendum, ha votato l'inserimento nella Costituzione di cinque articoli per i diritti della Madre Terra. 

Questo caso pilota, di cui in Italia si è parlato ancora molto poco, sarà al  centro di un convegno, "I diritti della Natura" organizzato venerdì 30 marzo ad Alzano Lombardo da Inntea e ideato dallo scrittore Davide Sapienza insieme a Mari Margil e Francesca Mancini. Sapienza è il fondatore del gruppo Diritti della Natura Italia e in maggio verrà lanciata l'edizione italiana del libro di Cormac Cullinan, "I Diritti della Natura: WIld Law" (Piano B Ed).  

Al convegno parteciperà anche Mari Margil, avvocato statunintense che ha assistito la battaglia giuridica degli ambientalisti ecuadoregni. Alla vigilia del suo arrivo in Italia, la signora Margil ha accettato di rispondere ad alcune di Repubblica.

Cosa vuol dire
 inserire in Costituzione i diritti della natura?

"Significa che la legge riconosce, ritenendoli vincolanti e da far rispettare, i diritti degli ecosistemi e delle comunità naturali. Questi diritti comprendono il diritto ad esistere, a rigenerarsi e ad evolvere. Così, se un attività (mineraria, estrattiva o simile) dovesse interferire con la capacità di un ecosistema (un fiume, un foresta o altro ancora) a continuare ad esistere e a rimanere in salute, allora quell'attività violerebbe le leggi e non potrebbe essere consentita".

E il suo coinvolgimento come nasce?  
"La fondazione Pachamama di Quito è venuta a conoscenza del lavoro che stavamo facendo negli Stati Uniti e ci ha chiesto di andare in Ecuador per incontrare i membri dell'Assemblea costituente. Abbiamo incontrato anche il presidente dell'Assemblea Alberto Acosta, che nel frattempo era diventato un forte sostenitore dei diritti della natura. Così ci è stato chiesto di stilare una bozza che l'Assemblea ha poi fatto propria, ampliandola. Il nuovo testo è stato infine ratificato da un referendum nazionale nel 2008".  

A fronte delle crescenti pressioni economiche sull'ambiente, non c'è il rischio che rimangano dichiarazioni di intenti inapplicabili?
"Nel 2011 in Ecuador ci sono state le prime cause intentate in base alla nuova norma costituzionale. In uno di questi casi, il fiume Vilcabamba si è potuto costituire parte civile per difendere la sua possibilità di prosperare dalla minaccia della cementificazione. Alla fine il fiume ha vinto la causa. Una vittoria storica, la prima riportata direttamente da un fiume in un'aula di tribunale".  

Non è però certo il primo caso di speculazione bloccato con motivazioni ambientali.
"E' un caso diverso. Le leggi di salvaguardia ambientale esistenti nel resto del mondo continuano a trattare la natura come una proprietà, priva di diritti propri. Così, se l'attività umana minaccia la capacità di un ecosistema di esistere e rimanere in salute, non c'è un diritto specifico da poter difendere. Queste leggi ambientali tradizionali, basate sul concetto di proprietà, legalizzano, tollerandola, una certa quantità di minaccia all'ambiente. Detto altrimenti accettano, regolamentandola, la possibilità che un ecosistema possa essere usato o sfruttato. Ora le cose cambiano, e la natura cessa di essere considerata una proprietà, diventando un portatore di diritti autonomi.  Grazie a leggi scritte per dare la possibilità alla gente e alle comunità di far rispettare questi diritti per conto degli ecosistemi".

Si fa fatica a far rispettare diritti riconosciuti e formalmente accettati da molto più tempo, siete sicuri che i tempi siano maturi per quelli degli ecosistemi?
"C'è un movimento in corso comunità per comunità, paese per paese. Naturalmente i tempi saranno lunghi, proprio come è accaduto per il riconoscimento dei diritti delle donne, dei bambini, dei lavoratori. Sono necessari cambiamenti radicali non solo nelle leggi, ma anche nella cultura. In giro per il mondo c'è però una crescente consapevolezza, sia tra la gente che tra i governanti, del fallimento delle leggi tradizionali a tutela dell'ambiente. Una consapevolezza della necessità di cambiare il nostro rapporto con la natura che cresce di pari passo con il degrado del Pianeta".